Così la prospettiva nacque a Padova e non a Firenze

Lo splendido restauro degli sfondi degli altorilievi nell'Arca del Santo, un gioiello rinascimentale
«Il miracolo della ragazza annegata» concluso da Jacopo Sansovino nel 1563 Sua anche la lunetta retrostante
«Il miracolo della ragazza annegata» concluso da Jacopo Sansovino nel 1563 Sua anche la lunetta retrostante
«Intiero e perfetto ornamento della cappella dell'Arca»: così, nel secolo XVI, vengono definite le nove prospettive che, nella centina dell'Arca, al Santo di Padova, coronano gli altorilievi della cappella, uno dei più grandiosi monumenti del Rinascimento italiano. E dopo il restauro appaiono ancor più belle e significative queste scene riproducenti altrettanti miracoli del Santo, impalcati da un'architettura cui non si è mai data sufficiente rilevanza. Due i motivi sottesi alla realizzazione delle prospettive, in marmo bianco nella struttura e con nera pasta vitrea nelle foronomie: un completamento della scena e un evidenziare architetture che rimandano ai luoghi, teatro dei miracoli. Quasi un vanto per la città che, nel frontone della cappella, enfatizzò la patavinitas del Taumaturgo, scrivendo: «luogo sacro a sant'Antonio, realizzato dalla Repubblica patavina». Approdando a questa cappella, il devoto individuava chiaramente quei disegni di palazzi e chiese, immergendosi nell'ambiente in cui il Taumaturgo operò. Le prospettive enucleano anche un'altra eccellenza di Padova in campo artistico, d'essere stata "culla della prospettiva" che immeritatamente la storiografia attribuisce ai fiorentini. Impensabile, dunque, che tali elementi marmorei tridimensionali e bicolori non figurassero nel luogo sacro per eccellenza della città.  La prospettiva è ritenuta invenzione del Brunelleschi, mentre recenti studi di Luca Baggio segnalano che nacque grazie alle indagini svolte all'interno dell'Università di Padova dal parmense Biagio Pelacani, che insegnò negli anni 1382-1387 e 1407-1411, pubblicando le sue conclusioni sugli studi di ottica nel Quaestiones de perspectiva. Non è inoltre un caso che le sculture della cappella dell'Arca prendano l'avvio nel periodo in cui Pomponio Gaurico scrisse (1504) il De sculptura, un dialogo ch'egli immagina a Padova, sul principio del secolo XVI, in compagnia di Nicolò Leonico Tomeo e Giovanni Calfurnio, ove elogia la produzione degli artisti padovani. Le prospettive, delle quali solo una, la seconda a sinistra, non presenta architetture, ma le immagini di Cristo e Antonio che intercede per il miracolo della guarigione alla donna pugnalata dal marito geloso, sono delimitate da una lunetta espressa da una volta a botte, disegnata con una notevole serie di fiori di loto, uno diverso dall'altro, a donare maggior profondità alla cappella. Le architetture si stagliano su un cielo che simula le nubi e ogni scena è inglobata da un rilievo a niello.  La prima prospettiva, la più bella, soprastante la "Vestizione di sant'Antonio", realizzata questa entro il 1517 da Antonio Minello, biasimato del risultato dai committenti che gli fecero penare i 60 ducati pattuiti, è opera di Vincenzo Grandi. Lo scultore, padrino e maestro di Andrea Palladio, la compì nel 1541 e fu pagato 110 ducati, comprensivi anche dei "voltesini" e della messa in opera. A sinistra si legge il palazzo del Podestà e, a destra, il Fondaco delle Biade, visti da piazze delle Erbe. Il secondo altorilievo, iniziato da Giovanni da Milano (1524) e portato a termine da Silvio Cosini nel 1541, esprimente "Il miracolo del marito geloso", offre il rilievo di Cristo e sant'Antonio. Stupenda la terza scena, quella della "Resurrezione del giovane perché attesti l'innocenza del padre", iniziata nel 1571 da Danese Cattaneo e conclusa dal discepolo Girolamo Campagna nel 1574. Questi realizzò l'anno seguente la prospettiva del Palazzo della Ragione, architettura additata dal sottostante sant'Antonio quale luogo ove celebrare la giustizia.  "Il miracolo della ragazza annegata", concluso da Jacopo Sansovino nel 1563, presenta a prospettiva l'immagine della Basilica antoniana. Per tali sculture l'artista fiorentino ricevé 450 ducati. L'altorilievo, privo della figura del Taumaturgo, ne recupera l'immagine grazie alla mole del tempio in cui giace il suo corpo. Antonio Minello dal 1520 al 1528 lavorò a "Il miracolo del bambino annegato", concluso da Jacopo Sansovino nel 1534. La prospettiva è opera di Giuliano Fiorentino, che realizzerà anche quella del "miracolo del bicchiere". Le architetture (una chiesa, un palazzo con tetto carenato e un palazzo turrito) dovevano essere note ai padovani.  "Il miracolo dell'usuraio", datato 1525, fu interamente scolpito e firmato da Tullio Lombardo. Nella centina è presente un palazzo turrito, una chiesa con frontone, cupola e alto campanile (tipologia assai presente in diocesi), un obelisco e un'architettura che ha i connotati della Loggia di piazza dei Signori. Giovanni Minello entro il 1525 realizzò il "miracolo del piede riattaccato" e la soprastante prospettiva che itera le precedenti architetture. L'artista introduce però, a sinistra, un castello elevato su una collina, simile a quello antico di Este. "Il miracolo del Bicchiere" si deve a Gian Maria Mosca e Pier Paolo Stella (1520-1529), mentre la lunetta è di Giuliano Fiorentino. Antonio Lombardo nel 1505 ultimò "Il miracolo del neonato parlante", ricevendo in compenso 260 ducati, di cui 45 per la prospettiva. Questa riproduce un obelisco e tre strutture eguali a quelle del "miracolo dell'usuraio", ma invertite di sede.

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