Così Leonardo scoprì Giotto e la Serenissima

Dalla visita agli Scrovegni alle fortificazioni sull’Isonzo: lo storico dell’arte D’Orazio racconta il genio tra Padova e Venezia
Di Elena Livieri
19th century --- Portrait of Leonardo de Vinci --- Image by © Stefano Bianchetti/CORBIS
19th century --- Portrait of Leonardo de Vinci --- Image by © Stefano Bianchetti/CORBIS

di Elena Livieri

Uuna delle personalità più complesse e geniali che la storia ci ha consegnato, quella di Leonardo Da Vinci, che fu architetto, poeta, ingegnere, inventore, musicista, scrittore, medico, botanico, scultore, scenografo, pittore, è stata indagata dallo storico dell’arte Costantino D’Orazio nel suo ultimo libro “Leonardo segreto”, che sarà presentato oggi alle 18 alla libreria Feltrinelli di Padova e domani, alla stessa ora, a Treviso.

Un excursus, quello di D’Orazio, che tocca molti ma non tutti gli ambiti sperimentati dall’artista, cui l’Expo 2015 dedicherà una grande mostra. Tra i misteri che lo storico svela nelle sue pagine emergono i retroscena del periodo che Leonardo ha trascorso in Veneto, in particolare a Venezia e Padova, all’inizio del ’500. L’artista lascia Milano quando stanno per rientrare gli Sforza che non gli avrebbero perdonato di aver lavorato per i Francesi. È l’inizio dell’anno 1.500 quando Leonardo arriva a Venezia, dove il governo della Serenissima lo aveva convocato nella sua veste di ingegnere militare. Venezia è sotto la minaccia dei Turchi che sono già penetrati in Friuli. Ed è lì che viene inviato l’ingegnere, sulle rive dell’Isonzo, per studiare un sistema di fortificazioni per fermare l’avanzata turca. Leonardo riempie taccuini di disegni e progetti giungendo alla conclusione che sia inutile affidarsi alle grandi opere illudendosi di fermare la forza della natura. Meglio l’ingegno. Così, agli albori del sedicesimo secolo, viene realizzato sull’Isonzo quello che oggi potrebbe essere definito l’antesignano del Mose, un sistema di dighe mobili per regolare i livelli del fiume: l’opera è descritta nei dettagli in una lettera che Leonardo invia al Doge. Tornato a Venezia, l’artista apre uno studio: frequenta il tipografo Aldo Vanuzio e la sua cerchia perché sta pensando di stampare i suoi trattati, quello sull’anatomia in particolare. Ecco perché ha portato con sè, da Milano, il disegno dell’Uomo Vitruviano (oggi conservato nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia): doveva essere la copertina del trattato che, tuttavia, non sarà mai completato. Nel suo studio veneziano riceve la visita di Lorenzo Guzzago, emissario di Isabella d’Este che da Leonardo vuole un ritratto: secondo le ricerche del professor D’Orazio, pare che l’artista abbia iniziato il dipinto anche se non ne è stata trovata traccia. E a Venezia Da Vinci incontra Giorgione che rimarrà fortemente influenzato dalla sua mano che ricorderà “molto fumeggiante e terribilmente oscura”. Anche Padova ha lasciato un’impronta, e nemmeno secondaria, sulle opere di Leonardo il quale, durante il suo soggiorno in Veneto, visita la Cappella degli Scrovegni: ed è dagli affreschi di Giotto che “ruba” i volti, capaci di svelare quelle “espressioni dei moti dell’animo” che ritroveremo, per esempio, nel dipinto della “Battaglia di Anghiari”, realizzato nel 1504 a Firenze e, ancora, nel dipinto “Madonna con Sant’Anna e bambino” dove per la prima volta Leonardo usa anche il blu giottesco, che risalta nel morbido panneggio che avvolge la figura in primo piano.

Leonardo è questo e molto altro: quello che emerge dall’indagine di D’Orazio è il ritratto di un genio disordinato più che un artista, uno studioso che incontra l’arte quasi come un incidente di percorso, che sa darsi un metodo scientifico solo nella ricerca storica. Che lascia la maggior parte delle sue opere incompiute perché, è l’ipotesi cui giunge l’autore di “Leonardo segreto”, troppo straordinariamente avanzate per il suo tempo e rifiutate dagli stessi committenti.

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