«Crac Banca Popolare di Vicenza, archiviazione per 21 indagati»

VICENZA. Solo il vertice di Bpvi, la primissima linea dei manager, qualche fidato consigliere e il presidente Gianni Zonin sapevano ciò che avveniva in via Battaglione Framarin. Questo è l’esito finale cui è giunta la procura di Vicenza, nei pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, dopo quasi quattro anni dall’apertura dell’inchiesta sul crac della popolare berica ha chiesto l’archiviazione per 21 persone che si trovavano ancora iscritte sul registro degli indagati. . La richiesta di archiviazione della procura è stata avanzata per diciassette componenti del Consiglio di amministrazione: Giovanna Dossena, Franco Miranda, Andrea Monorchio, Roberto Zuccato, Giovanni Zonin, Giuseppe Zigliotto, Marino Breganze, Giorgio Tibaldo, Gianfranco Pavan, Nicola Tognana, Giovanni Fantoni, Fiorenzo Sbabo, Maurizio Stella, Vittorio Domenichelli, Alessandro Bianchi, Maria Carla Macola e Paolo Angius. Oltre a loro i pm hanno chiesto al gip di mandare in archivio anche le posizioni di tre componenti del Collegio sindacale: Giovanni Zamberlan, Giacomo Cavalieri e Laura Piussi. Identica richiesta anche per l’ex direttore generale, Samuele Sorato.
Delle 21 posizioni, due attualmente si trovano a processo, si tratta dell’ex presidente Gianni Zonin e dell’ex esponente del cda, Giuseppe Zigliotto. Per quanto riguarda Sorato, invece, la sua posizione è ancora in via di definizione. Ieri mattina, davanti al giudice Roberto Venditti, si è svolta la nuova udienza preliminare dopo che il perito del gup ha stabilito che l’ex dg è guarito dai gravi problemi che lo avevano afflitto e che avevano portato in precedenza a stralciare la sua posizione processuale. Una nuova udienza, in cui prenderà la parola il difensore del manager, l’avvocato Fabio Pinelli, è stata messa in calendario per il prossimo 13 giugno.
Per Zonin e Zigliotto i pm non possono chiedere un nuovo giudizio per le stesse accuse; la posizione di Sorato è ancora in fase di definizione processuale; mentre per tutti gli altri 18 nomi l’accusa non avrebbe riscontrato prove sufficienti a chiedere nei loro confronti il rinvio a giudizio.
Per alcuni ci sarebbero stati alcuni indizi, ma a quanto pare non abbastanza solidi da poter sostenere un dibattimento. Quelli per cui la procura avrebbe raccolto le prove più solide, e che sarebbero quindi stati a conoscenza della reale situazione in cui versava l’istituto di via Battaglione Framarin.
Insomma che la BpVi rischiava di colare a picco lo avrebbero saputo solo ai livelli più alti: il top management per intenderci. Poche persone persino all’interno dello stesso cda. Così sostiene la procura. —
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