Crematorio, il comitato ferma il progetto: la ditta chiede un maxi risarcimento ai cittadini
Chiesto un mega-risarcimento ai promotori del Comitato e alcuni consulenti: un milione e 260 mila euro. L’azienda presenta le registrazioni delle assemblee pubbliche per sostenere di essere stata diffamata
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Le proteste popolari possono risultare scomode e, talvolta, fastidiose. Ma possono essere impegnative pure per chi le mette in atto, come i promotori e collaboratori (in qualità di esperti) del “Comitato Tutela Ambiente e Salute del territorio di Villanova del Ghebbo”, un Comune in provincia di Rovigo ai confini con il Padovano, che si sono ritrovati citati davanti al tribunale civile di Padova con un’esorbitante richiesta di risarcimento: un milione e 260 mila euro reclamati dalla società Altinia srl, con sede a Padova in via Giusto de’ Menabuoi.
Società che aveva presentato nel piccolo Comune un progetto per la costruzione e la gestione di impianto crematorio, sospeso dall’amministrazione locale in seguito alla sollevazione popolare. Da qui la reazione giudiziaria che ha costretto i tre componenti e fondatori del Comitato oltre ai consulenti (tra cui l’avvocato Giorgio Destro che ha fornito assistenza legale in occasione di numerose iniziative) a trovarsi un difensore e affrontare la causa civile. Una mossa che ha il sapore di far zittire chi ha protestato visto che la decisione di sospendere l’operazione è stata dell’amministrazione comunale di Villanova del Ghebbo.
Ieri prima udienza con la giudice Maddalena Saturni di fronte alla quale l’azienda (tutelata dall’avvocato Andrea De Checchi) ha chiesto di ammettere tra le prove alcune registrazioni relative agli interventi degli “imputati” durante assemblee pubbliche organizzate per discutere il progetto di forno crematorio e bollati come diffamatori.
La giudice si è riservata ogni decisione mentre l’avvocato Destro (che si difende con l’avvocata Serena Pomaro) ribatte: «Per quanto mi riguarda non riconosco la mia voce: o il giudice ordinerà una perizia fonica o dovrà respingere quella domanda. Certo abbiamo organizzato degli incontri pubblici per informare di quello che stava avvenendo e ciascun cittadino ha espresso le proprie valutazioni e critiche».
Il 22 gennaio 2019 la società Altinia srl presenta la proposta, approvata dalla giunta di Villanova con la delibera numero 30 del 5 aprile successivo e trasmessa al Nucleo regionale di valutazione e verifica degli investimenti, competente a valutare fattibilità e convenienza economica dell’opera. Parte l’iter amministrativo peraltro rallentato dall’emergenza Covid ed è individuata l’area nella frazione di Coderotte.
Dopo i pareri espressi da vari organismi tra cui l’Arpav, che è favorevole, il 31 maggio 2022 arriva l’assenso per quanto riguarda la fattibilità da parte della Regione (Area Sanità e Sociale). Tuttavia c’è un ostacolo che, in quei mesi, si frappone, è il Comitato popolare costituito il 22 dicembre 2022.
«La compagine così formata si rendeva responsabile di condotte ostative e pregiudizievoli dell’operato legittimamente espletato da Altinia anche mediante diffusione, con l’utilizzo della stampa locale, di notizie quantomai inveritiere e prive di ogni substrato scientifico in ordine a possibili impatti ambientali nocivi alla salute, correlati alle emissioni prodotte dal progettato impianto» scrive Altinia nel ricorso al giudice.
L’azienda non si è limitata a difendere la bontà del progetto, andando oltre. E attribuendo al Comitato «la responsabilità di aver determinato la decisione dell’amministrazione comunale di sospendere la procedura di affidamento del progetto rimanendo inerte nonostante i ripetuti solleciti».
E, invece che prendersela con il Comune, ha puntato dritto ai cittadini. «La società Altinia il 31 marzo 2023 abbandonava volontariamente il progetto per ragioni interne all’Azienda» replicano le difese, «chiedendo al Comune la restituzione della cauzione di 64.830 euro». La causa va avanti.
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