Crocevia di strade teatro di battaglie la Sant’Urbano dei tanti campanili

francesco jori
Un crocevia sia terrestre che fluviale, dai tempi antichi fino almeno al Settecento: a riprova sta il fatto che l’uno e l’altro fronte sono stati teatro di due vicende belliche passate alla storia, ma certo non le uniche a caratterizzare questo particolare e poco lusinghiero aspetto del passato di Sant’Urbano. Si comincia nel 1233 con quello di terra, in una località non a caso chiamata “la Passiva”, perché consistente in un vero e proprio passo, punto di transito obbligato per le direttrici che conducono da un lato a Este via Villa Estense, e dall’altro a Monselice via Solesino. Che sia uno snodo strategico, lo dimostra l’esistenza di un castello: contro il quale arriva Ezzelino da Romano, all’epoca impegnato nella lunga guerra con Padova che più tardi lo porterà a dominare per un ventennio la città. L’uomo è tipo tosto e ben equipaggiato, con un esercito in forze: non gli è difficile espugnare la fortezza, e subito dopo raderla al suolo, come si usa sbrigativamente in quei tempi.
Per l’altro episodio bisogna spostarsi di tre secoli in avanti: succede nel 1513, quando la Serenissima (che nel frattempo ha conquistato la terraferma) si trova impegnata in una piccola guerra mondiale dell’epoca contro la Lega di Cambrai, formata da tutte le grandi potenze europee sotto la spinta del Papa. Siamo in una località che proprio da quell’episodio prenderà il nome di Rotta Sabbadina: dall’altra parte dell’Adige sono le truppe francesi e quelle del Duca di Ferrara; per impedire loro di attraversarlo, i veneziani provocano volontariamente la rottura dell’argine, scaraventando sul nemico una sorta di effetto Mar Rosso biblico sull’esercito del faraone. A studiare il progetto per conto delle milizie della Repubblica è l’“inzegner” Cristoforo Sabbadin, che avrà l’onore di dare il nome alla località.
il centro non esiste
Sant’Urbano, naturalmente, merita di essere ricordato anche per dell’altro: a cominciare dalla strana conformazione urbanistica, atipica rispetto alla stragrande maggioranza dei comuni, per il fatto che non esiste un centro con delle frazioni, ma una sequenza di nuclei abitati lungo la sponda sinistra dell’Adige, da Balduina a Carmignano, da Ca’ Priuli a Ca’ Morosini alla stessa Sant’Urbano. Il più esteso, e verosimilmente anche il più antico, è Carmignano, come dimostra il ritrovamento di numerosi reperti di epoca romana; la località viene comunque citata ufficialmente in un atto pubblico del 1077, mentre due secoli dopo viene citata la chiesa di San Giorgio, dipendente dal monastero benedettino di Villa Estense.
La spiga e il leone
L’intero territorio deve comunque molto alla presenza della Serenissima, tant’è che nel suo stemma campeggia, accanto a una spiga di frumento, il leone alato di San Marco (nella variante con in mano il libro aperto, segno di pace, contrapposta a quella con la spada, utilizzata in tempi di guerra): oltre alle grandi bonifiche avviate a partire dal Quattrocento, che hanno avuto il merito di recuperare terreni coltivabili, il legame si traduce nella presenza di famiglie patrizie veneziane, specie i Priuli, i Loredan, i Gradenigo e i Morosini (questi ultimi hanno dato il nome alla frazione dove oggi è collocata la sede municipale). E ad altri due nobili veneziani, niente meno che un doge (Agostino Barbarigo) e Nicolò Querini, va ascritto il merito di essere riusciti non solo a far costruire una chiesa nella località che oggi dà il nome al paese, ma anche a farla “promuovere” a parrocchiale, con una ben studiata azione di lobby nel 1495 nei confronti di papa Alessandro VI, intitolandola a papa Sant’Urbano (uno dei primi pontefici della Chiesa, eletto nel 222 e morto martire).
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