Curata per gastrite, a ucciderla è stato un infarto intestinale

È il responso dell’autopsia sul corpo di Michela Ravazzolo. Indagati i tre medici che l’hanno vista. Mercoledì il funerale

PADOVA. Nessuna gastrite. È stata uccisa da un infarto intestinale Michela Ravazzolo, la 48enne impiegata di Salboro morta il 4 aprile dopo due giorni di dolori addominali fortissimi. Lo ha svelato l’esito dell’autopsia – ancora non ufficiale – svolta dal medico legale Alberto Fais su incarico del pm Emma Ferrero che ha aperto un’inchiesta.

Indagati – ma si tratta per ora di un atto dovuto – tre medici che, tra il 2 e il 4 aprile, avevano visitato la donna: la guardia medica di turno la notte di Pasquetta (difensore l’avvocato Aurora D’Agostino); il medico del Pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera (avvocato Lorenzo Locatelli) e il medico di base (avvocato Francesco Lava).

All’esame autoptico hanno partecipato i consulenti di fiducia dei tre indagati (rispettivamente il professor Daniele Rodriguez, il dottor Giovanni Cecchetto e il professor Massimo Montisci) mentre per la famiglia della vittima, tutelata dall’avvocato Luigi Bondì del foro di Venezia, c’era il medico legale Giovanni Maria Barbuti.

L’infarto intestinale consiste nella diminuzione o nella completa interruzione dell’apporto di sangue in uno dei tratti dell’intestino. Nel caso della 48enne è emersa una situazione seria, e non conosciuta prima, determinata dalla sclerotizzazione estesa di vasi e arterie, con placche sclerotiche a livello dell’organo intestinale. In linea generale non è una patologia prevedibile né diagnosticabile facilmente se non con esami non di routine.

Resta da capire – anche alla luce dell’anamnesi, cioè della storia clinica della vittima – se l’infarto intestinale, condizione molto grave, potesse essere diagnosticato e l’esito mortale evitato. Solo in questo caso sarebbero individuabili responsabilità mediche (e bisogna vedere in capo a chi dei sanitari che hanno visitato Michela Ravazzolo). Tuttavia qualora emergesse che il quadro era disperato e la malattia non diagnosticabile, l’indagine potrebbe chiudersi con un’archiviazione. Tra 60 giorni il dottor Fais trasmetterà in procura la sua relazione.

«La famiglia non è mai stata mossa da intenti vendicativi. Fin dal principio voleva capire le cause della morte della signora e verificare eventuali responsabilità, se saranno individuate» spiega l’avvocato Bondì. Michela, dipendente della ditta Steiel Elettronica, si era sentita male la notte del 2 aprile e aveva chiamato la guardia medica. La diagnosi: sindrome gastrointestinale da curare con antispastici. L’indomani, ancora con forti dolori, Michela era stata tenuta in osservazione nel Pronto soccorso: diagnosi confermata. Il 4 stava peggio: all’arrivo del medico curante, la donna era svenuta. Inutile la respirazione bocca a bocca: il decesso durante il trasporto in ambulanza verso l’ospedale.

Ieri è stato concesso il nullaosta alla celebrazione del funerale. L’ultimo saluto a Michela Ravazzolo è previsto mercoledì alle 10.30 nella chiesa di Santa Maria Assunta a Salboro: la cerimonia sarà celebrata dal parroco, don Cristiano.
 

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