Dal caseificio di Gazzo il Grana Padano a km 0

Oltre 31mila forme prodotte ogni anno con il latte di 34 aziende del territorio La cooperativa ha quasi un secolo di vita: ultimo fatturato 10 milioni di euro

GAZZO PADOVANO. Oltre 31 mila forme di grana padano a chilometro zero. È questa la capacità produttiva della Latteria sociale di Gazzo Padovano, società cooperativa del Consorzio Grana Padano, che associa 34 aziende produttrici di latte del territorio e produce un fatturato da 10 milioni di euro. Dodici dipendenti e un dividendo 2015 pari a 47 centesimi al litro per i soci fanno della Latteria di Gazzo, unico caseificio ancora indipendente del padovano, una delle realtà più remunerative dell’intera pianura veneta. «Pure in calo di fatturato rispetto al 2014 siamo orgogliosi di aver chiuso l’anno con questi risultati» spiega Giuliano Rizzo, presidente della cooperativa, «un valore che è quasi doppio rispetto ai prezzi minimi che si sentono in giro sul mercato e che farebbero chiudere qualunque impresa. Solo il foraggio per le vacche da latte rischia di costare quegli stessi 25 centesimi al litro che invece alcune multinazionali della trasformazione agroalimentare pretendono di pagare ai produttori». Con un magazzino per la stagionatura dove 31.500 forme di grana da circa 36 chili rimangono ferme per almeno 10 mesi, la cooperativa può vantare di autoprodurre oltre l’80% del latte necessario per la realizzazione dei suoi prodotti. Il restante 20% proviene da piccoli produttori del territorio e dall’Isi Agrario Duca degli Abruzzi di Brusegana a Padova. «Il nostro latte viene al 100% da località non più lontane di Cittadella» continua Rizzo, «e ha garantito da quasi 100 anni la sopravvivenza dei produttori locali, colpiti a più riprese da crisi pesanti che hanno fatto vacillare le fondamenta dell’economia del territorio». Era il 1918, la Grande Guerra era appena conclusa e allora come ora, i contadini si trovarono a far fronte al calo del valore del latte che rischiava di metterli in ginocchio. Fu così che piccoli mezzadri e proprietari di poche vacche da latte, nonni e padri degli attuali soci della Latteria, si trovarono in una cantina e iniziarono a trasformare il prodotto per puntare a un valore aggiunto che garantisse loro la sopravvivenza. Fu un’idea felice che già 6 anni dopo si trasformò in Caseificio. Fu solo durante gli anni ’80 del Novecento che si scelse la via del Grana Padano, allora agli albori, per garantire alla lavorazione il migliore risultato economico. Da quel momento fu un susseguirsi di investimenti e di crescita fino all’attuale struttura, efficiente e capitalizzata. Una storia quasi centenaria che rischia di venire incrinata da un’altra crisi del latte, questa volta non dettata dai tragici rivolgimenti della guerra ma da una deregulation che favorisce i grandi gruppi internazionali della trasformazione.

Riccardo Sandre

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