Dalla corte degli Este alla civiltà dell’anguilla

Nobile e plebea, con gusto: due idee originali della “Strada dei vini e dei sapori” per vivere la cucina ferrarese da protagonisti, a Ferrara e a Comacchio, in ambientazioni d’epoca

Renato Malaman

Colti letteralmente con le mani in pasta, a Palazzo Pendaglia… Ogni sabato mattina, puntualmente. Non servono detective per smascherare i golosissimi “intrusi” che si introducono, con la complicità divertita dei “custodi”, nei saloni rinascimentali di una delle più belle dimore del centro storico di Ferrara. Sono turisti. Turisti curiosi, anzi: golosi e curiosi.

Attratti dalla originalissima idea lanciata dall’Istituto Alberghiero “Orio Vergani” di Ferrara. Palazzo Pendaglia è la sede della scuola che, su iniziativa del proprio preside, il professor Massimiliano Urbinati, ha deciso di svelare i segreti della cucina ferrarese aprendo ad appassionati, turisti e curiosi, dei laboratori per insegnare a fare i cappellacci di zucca, piatto di cui Ferrara va fiera, e la “coppia ferrarese”, il tipico pane popolare ancor oggi simbolo del territorio.

Insomma, il “Vergani” vuol far conoscere la città e il suo territorio attraverso questa singolarissima esperienza diretta. Davide Marzola, tecnico assistente alla cucina della scuola dal ’96, è il principale protagonista dei laboratori.

Accoglie ogni sabato mattina gli ospiti della scuola che vogliono imparare ad impastare, tirare la sfoglia e a farcire i cappellacci di zucca violina, famosi già nel Cinquecento alla corte degli Este, e le coppie ferraresi, il tipico pane popolare della città. Con 25 euro si impara a preparare “fai da te” queste prelibatezze ferraresi e alla fine si degusta ciò che si è preparato.

Per gli eventi c’è il ristorante didattico, guidato dallo chef Luca Borghi con la collaborazione degli studenti, che qui si fanno in quattro per sfruttare al meglio in tante ricette i sapori del territorio. Fra i quali vanno ricordati anche salumi dai nomi buffi, come il salame gentile, la “zia”, che si mangia con le “coppiette” di pane, e poi sua maestà la salama da sugo, speziatissima, la cui ricetta trova radici a Portomaggiore e si gusta inevitabilmente col purè. Dulcis in fundo ci sono i dolci: dalla torta tenerina, con il cuore di cioccolato fondente, alla torta tagliolina, con i capelli d’angelo e i tagliolini dolci come guarnizione. Una buona sosta dove gustare la salama da sugo e i tipici salumi ferraresi è l’Osteria Savonarola, all’ombra dello splendido Castello Estense e a due passi dal centralissimo Hotel Touring, socio della “Strada dei vini e dei sapori”.

Chef per un giorno a Palazzo Pendaglia

Stiamo parlando di una cucina antica, diventata “ducale” alla corte degli Estensi, quando Ferrara era una delle più ricche e raffinate corti rinascimentali europee, tanto da richiamare in città personalità letterarie come Ludovico Ariosto, quello dell’Orlando Furioso.

Filo conduttore della cucina ferrarese è la fusione nello stesso piatto di dolce e salato, che ritroviamo, ad esempio, nella pasta frolla che avvolge il pasticcio di maccheroni, portato in queste terre da Eleonora d’Aragona, la sposa del duca Ercole I d’Este.

Eleonora introdusse la pasta in un pasticcio di carne, besciamella e tartufo, tutt’oggi proposto in qualche rievocazione storica, capace di coinvolgere anche chef del rango di Igles Corelli, più volte stellato, cresciuto in un’altra corte importante, quale fu il ristorante “Il Trigabolo” di Argenta, locale che a cavallo degli anni ’80 dette un grande contributo alla nascita della cucina regionale italiana contemporanea e a cui verrà dedicato un film, già in fase di produzione.

Opera che sarà anche un omaggio al suo fondatore, Giacinto Rossetti, scomparso di recente, e ai primi chef del locale: Igles Corelli e il suo braccio destro Mattia Barbieri. Due che ne hanno fatta di strada…

Manifattura Marinati, cenare nella sala dei focolari

L’esempio dell’Istituto “Orio Vergani” non è l’unica opportunità per apprezzare da dentro i valori della cucina di territorio del Ferrarese. Un’esperienza imperdibile e carica di suggestione è quella che si può vivere alla Manifattura Marinati di Comacchio, il luogo che più di tutti rappresenta la civiltà legata all’anguilla e al mondo intriso di bellezza e di fatica delle valli e delle lagune comacchiesi.

Un luogo che è museo del mondo del lavoro nelle valli da pesca e al tempo stesso luogo ancora fedele alla sua vocazione originaria: la lavorazione delle anguille e degli altri pesci delle lagune salmastre comacchieso.

Di anguille ne vengono conferite in grandi quantità alla Manifattura per essere poi cotte e marinate, secondo l’antica ricetta. La sala dei grandi fuochi è lo spazio che più fa togliere il fiato per la sua maestosità e la sua bellezza: ce ne sono dodici di grandi focolari, custodi iconici di un’attività che fa parte del Dna dei comacchiesi.

Ebbene, ci si può anche mangiare in questa sala, in quest’opificio d’epoca. Sala in cui una bellissima ed esuberante Sofia Loren girò alcune indimenticabili scene del film bestseller “La donna del fiume” di Mario Soldati.

L’anguilla viene preparata al momento, alla brace, alla griglia su uno dei focolari e già questo rito è spettacolare. Il percorso di degustazione prevede un piatto con i vari tipi di anguilla, da 10 a 15 euro a seconda del piatto scelto (sono due quelli per comodità proposti), più i 5 euro del biglietto d’ingresso al percorso museale. Naturalmente la degustazione è su prenotazione.

Assistere alla lavorazione e agli spiedi

La Manifattura Marinati è diventata anche il centro di un percorso esperenziale.

“Proponiamo un percorso culturale guidato, mentre la Sala dei Fuochi è utilizzata per eventi e degustazioni” spiega Alessandro Menegatti, presidente della cooperativa sociale che gestisce con entusiasmo e fantasia il complesso".

L’anguilla viene preparata al momento su uno dei camini. E’ uno spettacolo. Erano dodici le famiglie che storicamente avevano la licenza per la sua lavorazione, dodici come i camini.

Qui nel periodo autunnale è possibile vedere l’intero ciclo di lavorazione, dal taglio alla cottura allo spiedo, al confezionamento (ah, c’è una bella collezione di scatole in latta dell’anguilla). La sala degli aceti è invece caratterizzata da grosse botti per la preparazione della salamoia.

La Manifattura è un museo dove è possibile conoscere e vedere da vicino le barche dedicate alla pesca, dalla batana al velocipede, nonché gli strumenti per la loro costruzione. Inoltre si possono godere dei bellissimi filmati d’epoca. Il prodotto della Manifattura è riconosciuto come Presidio Slow Food: al bookshop è possibile acquistare l’anguilla marinata tradizionale delle Valli di Comacchio, l’acquadella e l’acciuga marinate. Oltre a oggetti d’artigianato realizzati con abilità dai ragazzi della cooperativa.

Dal 25 al 27 aprile nella Manifattura Marinati si svolgerà un gustoso evento: la “Festa dei pesci marinati”, durante la quale si potranno degustare tutte le specialità della tradizione comacchiese.

Queste specialità sono “pane quotidiano” al tipico”Bettolino della Foce” nelle Valli di Comacchio, un vero casone del’600 trasformato in un rustico ristorante con focolare e splendida vista sulle valli, che all’epoca accoglieva i pescatori, impegnati in turni di 40 giorni nella cattura delle anguille.

Oggi Alessandra Margherita Verduci ripropone l’anguilla nelle varie preparazioni e i pesci di valle secondo tradizione.

Abbinando il tutto al vino rosso Fortana, il “vino delle sabbie” che tanto piaceva a Giuseppe Verdi. Dal Bettolino e dal vicino centro visite partono le raccomandate escursioni in barca alla scoperta dei caratteristici casoni e dei luoghi del lavoro in valle, compresi i lavorieri per la cattura delle anguille.

“Durante le escursioni - dice Federico de Marco, guida di Deltapo Tourism - si potrà anche ammirare la bellezza naturalistica di queste lagune, scelte anche da una colonia di fenicotteri rosa, dove sarà più facile capire il duro lavoro dei vallanti”.

Arte cultura e storia come contorno

Sia l’alberghiero “Orio Vergani” che la Manifattura Marinati fanno parte dell’associazione “Strada dei vini e dei sapori della Provincia di Ferrara”, associazione che si è posta l’obiettivo di promuovere il territorio attraverso i suoi tesori agroalimentari ed enogastronomici, coinvolgendo anche soggetti del mondo del turismo. Poiché, si sa, ormai, le scelte di destinazione da parte di chi viaggia sono frutto di un intreccio di interessi. Ferrara e Comacchio sono città d’arte e di cultura, figlie di storie completamente diverse eppure così originali: la Ferrara della corte degli Este, città a misura d’uomo cresciuta intorno al suo castello e al suo monumentale duomo, e la Comacchio delle valli, con le sue architetture pontificie, il Ponte dei Trepponti e il paradiso naturalistico delle lagune. In mezzo c’è Tresigallo, la “Città metafisica” realizzata negli anni ‘30 secondo il sogno visionario di Edmondo Rossoni.

Il cibo e il vino, nella filosofia della Strada dei vini e dei sapori, diventa il valore aggiunto di chi sceglie il territorio per visitare le città e i musei (imperdibili, per originalità, quello della Nave Romana a Comacchio e il Meis – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – a Ferrara); i borghi e le “delizie” degli Estensi, piccole dimore o castelli di campagna dove la corte negli anni del Rinascimento andava a villeggiare.

Masterclass rinascimentale con Corelli e Persegani

Infine un annotazione per gli irriducibili appassionati degli eventi enogastronomici. Oltre al citato appuntamento di Comacchio, ecco un piatto forte, anzi più piatti, a Ferrara. Il 12 aprile e l'11 maggio, due maestri della cucina italiana, Igles Corelli (sì, sempre lui) e Daniele Persegani, guideranno un viaggio sensoriale attraverso i secoli con la Strada dei Vini e dei Sapori della Provincia di Ferrara, in questo caso ente organizzatore e promotore degli appuntamenti nell’ambito del festival “Festina Lente”. Sabato prossimo 12 aprile, appuntamento con lo storico cuoco stellato Igles Corelli (ex Trigabolo ed ex Locanda della Tamerice).

Mentre le sue mani lavoreranno la zucca violina per uno sformato che si sposerà con una vellutata di fagiano, si potrà udire l’eco delle conversazioni alla Corte degli Estensi, dove Cristoforo Messisbugo, maestro delle cerimonie, deliziava i commensali con creazioni simili.

Il branzino ripieno di mortadella, accompagnato da finocchi brasati e profumato con olio al basilico, racconterà storie di innovazione e tradizione che si intrecciano.

Domenica 11 maggio, invece, il carismatico Daniele Persegani svelerà i segreti delle spezie, che un tempo valevano quanto l'oro. Sotto la sua guida appassionata, si prepareranno "gnocchi di cacio fresco alla cannella con asparagi in crema", una ricetta che evoca i "maccaroni detti gnocchi" di cui parlavano Messisbugo e Scappi nei loro trattati cinquecenteschi.

Un'esperienza multisensoriale calata nell'atmosfera rinascimentale ricreata nei minimi dettagli: tavoli apparecchiati con tovaglie e stoviglie d'epoca, piatti di ceramica graffita fedelmente riprodotti da artigiani locali, figuranti in costume della Fondazione Palio Città di Ferrara che si aggireranno tra i commensali.

Basterà chiudere gli occhi e sembrerà di essere stati catapultati in un banchetto alla nobile corte degli Este. Una suggestione mica da poco.

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