Daspo azzerato, tre ultras del Padova tornano allo stadio

Non rispettato un lasso di 48 ore tra la notifica e la convalida dell’atto che imponeva l’obbligo di firma

PADOVA. È il 9 gennaio 2016 e il match si gioca “fuori casa” fra il Padova e l’Alessandria nell’ambito del campionato di Lega Pro. Ben 2.945 gli spettatori che stanno facendo l’ingresso allo stadio, fra cui 120 provenienti dalla città del Santo. Pochi ma carichi. Così quando, un’ora prima della partita, alcuni ultras dei due team si ritrovano faccia a faccia con polizia e carabinieri schierati in assetto anti-sommossa, il timore è di uno scontro fisico tra tifoserie estreme. Resa dei conti evitata grazie a una carica delle forze dell’ordine e al Daspo (acronimo di divieto di accesso a manifestazioni sportive), provvedimento adottato dal questore di Alessandria nei confronti di alcuni ultras più violenti che impone l’obbligo di andare a firmare in caserma durante l’orario di svolgimento delle partite. Di fatto una “condanna” amministrativa destinata a durare da 5 a 8 anni. Fra questi, tre padovani ben noti alle forze di polizia: Andrea Autunno, 35 anni; Gabriele Greggio, 26 e Alex Fiorin, 41.

Burocrazia della giustizia: un lasso di tempo non rispettato (o almeno non c’è la prova che sia stato rispettato) tra la notifica dell’atto deciso dal questore e la convalida dello stesso provvedimento da parte del giudice (48 ore) e tanto basta per trasformare il Daspo in carta straccia.

Insomma, tutta colpa di un vizio formale o tecnico e quell’obbligo di firma è stato azzerato.

Il motivo? Il Daspo è un atto che limita la libertà personale e il diritto di difesa è sacrosanto per il nostro ordinamento. Così dopo aver ricevuto la notifica dell’atto, poi convalidato dal giudice, i tre ultras (ben difesi) hanno impugnato il divieto eccependo proprio quella violazione. E la terza sezione della Corte di Cassazione (presidente il giudice Aldo Fiale) ha dato loro ragione, azzerando l’obbligo di presentazione in questura (o in caserma) quando si svolgono le partite a causa del vizio formale. Liberi di andare allo stadio, anche se il resto dell’impianto del Daspo non è stato cancellato (come la parte del provvedimento che ne indica, tra i presupposti, il sospetto di un comportamento violento allo stadio).

Nel caso di Greggio, il Daspo era stato notificato il 3 febbraio alle ore 13 e convalidato il 5 del mese dal gip senza che fosse «indicato l’orario in cui è stata compiuta l’operazione di deposito».

Di conseguenza «non risulta l’orario in cui il giudice di Alessandria ha adottato il provvedimento... non potendosi escludere che la convalida sia intervenuta anteriormente alla decorrenza delle 48 ore dall’avvenuta notificazione...». Un termine – quello delle 48 ore tra un’operazione e l’altra – previsto per consentire al destinatario del Daspo «di esercitare validamente il suo diritto di difesa attraverso la presentazione di memorie o altri atti davanti al gip».
 

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