Debuttano le giostre in Prato i fruttivendoli le contestano

Come ogni anno, in coincidenza con la Fiera del Santo, arrivano le giostre. Oggi in Prato della Valle il debutto, con un orario d’apertura dalle 16 a mezzanotte. Quest’anno le attrazioni sono trenta. Come già l’anno scorso, in base alle prescrizioni della Soprintendenza nel lobo di Santa Giustina possono trovare spazio solo le giostre piccole e non quelle grandi, in particolare quelle molto alte. «Abbiamo dato la possibilità a queste ultime di spostarsi in Fiera Campionaria, ma solo uno ha accettato», spiega l’assessore al commercio Antonio Bressa.
Come da tradizione si riproporranno per i più piccoli le attrazioni di famiglie storiche del settore, come i Tessari, Pozzi, Cavaliere, Gattolin, Bedana e Torninunti. I divertimenti per i bimbi andranno dal jumping all’autoscontro, dal safari park al brucomela e al tiro con la pistola.
Come già negli anni scorsi non è più possibile utilizzare piazza Rabin, ormai trasformato in park privati. Da qui il trasloco in Prato, riprendendo la tradizione di quando le giostre si disponevano attorno all’isola Memmia. «Non è il massimo ma sono le condizioni della Soprintendenza. E noi dobbiamo lavorare», dice Giuseppe Reccanello, gestore del Brucomela.
Costretti a “stringersi” invece i 18 fruttivendoli che, per tre sabati consecutivi, dovranno convivere con le giostre: «Ogni anno è così: il mercato del sabato per noi è fondamentale e ci tocca diventare piccoli piccoli», osserva Nicola Zabeo. «Abbiamo lavorato sia con gli attrazionisti che con i fruttivendoli per gestire gli spazi, preservando anche la funzionalità del mercato», risponde però l’assessore Bressa.
Restano però dei commercianti contrari all’arrivo delle giostre: «La chiusura del parcheggio da 30 posti davanti al ristorante Zairo ci porta solo danni», sottolinea Silvano Righetto, titolare del bar-gelateria. «Qui lavorano male loro e lavoriamo male noi. Nel 2020 sarà aperta il nuovo frontone dell’ex foro boario. È inevitabile che le giostre costituiranno un ostacolo. Forse è meglio pensare a un’altra collocazione». —
Felice Paduano
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