Denuncia anonima fa indagare un cieco come falso invalido

GRANTORTO
Oltre la malattia, anche l’umiliazione di doverla dimostrare con l’accusa di essere un falso invalido.
Quattro mesi di tormento e dolorosi esami medici, fino all’archiviazione del caso con formula piena che conferma il suo stato di non vedente in maniera definitiva.
La brutta avventura è capitata a Giosuè Gentilini, 45 anni, da 17 affetto da retinite pigmentosa, una malattia progressiva e invalidante che porta alla cecità. Nel 2008 aveva tra l’altro raccontato la sua triste storia alla trasmissione «C’è posta per t» di Maria De Filippi. Dal 2007 l’uomo aveva ottenuto l’invalidità assoluta del 100%, perché ha un campo visivo dell’1% ed è stato considerato per legge «cieco assoluto», quindi inabile al lavoro.
Gentilini riesce a vedere con 4 decimi per occhio, attraverso un piccolo foro, solamente davanti a sé, riuscendo quindi a muoversi in casa e a sbrigare le sue cose: i piccoli lavoretti in giardino e far la spesa al supermercato a due passi dalla sua abitazione di via Fosse 12.
Per il resto si muove accompagnato dalla moglie o dal cane guida. Ma evidentemente questa piccola autonomia deve avere dato fastidio a qualcuno, che lo ha denunciato come falso invalido. «Il 13 ottobre é arrivata a casa la Guardia di Finanza – racconta Gentilini, assistito dai legali Alberto Toniato e Marco Donà di Padova – Pensavo a un normale controllo, invece le fiamme gialle mi hanno consegnato un avviso di garanzia: «Indagato per aver simulato alle visite mediche con artifizi e raggiri, procurandosi un ingiusto profitto con erogazioni pubbliche non dovute».
Mi è cascato il mondo addosso. Ho dovuto sottopormi a una serie di controlli medici, alcuni anche dolorosi e che mi hanno procurato una ulteriore riduzione alla vista. Nel frattempo sono stato ripreso e fotografato dalle fiamme gialle perché pensavano fossi un falso invalido. Dopo tutti gli accertamenti, si sono resi conto che effettivamente soffro di retinite pigmentosa e il pubblico ministero ha archiviato il caso. Mi chiedo ora se è giusto sprecare denaro pubblico, quando bastava chiedere cartelle cliniche e documentazione sanitaria. Insomma, prima di procedere con una denuncia penale, non si potevano fare gli accertamenti del caso?»
La delusione di Gentilini sfocia in rabbia, quando pensa all’umiliazione subita. «Se dal fascicolo viene fuori chi mi ha fatto del male – incalza – lo denuncio io per calunnia. Chi mi ripaga ora le spese che ho dovuto sostenere? E i danni morali e psicologici a me e alla mia famiglia?»
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