Dieci detenuti fuori dal carcere per suonare e cantare in coro

«Questo posto è tanto bello ma dopo andiamo a fare una passeggiata fuori, perché qui mi ricorda tanto il carcere». E non ha torto il detenuto K., giovane ma nei guai fin da ragazzino: niente di clamoroso ma con il cumulo dellepene si sta facendo un bel po’ di anni.
E’ uno dei dieci “ragazzi” che martedì sera, dotati di permesso del magistrato di sorveglianza, sono usciti dal carcere Due Palazzi per partecipare al concerto organizzato dall’associazione Coristi per Caso nel cortile del Castello Carraresi, appunto carcere fino a 30 anni fa.
Non usciva da quasi nove anni, il giovane K., che ha voluto essere accompagnato in tabaccheria ad acquistare cartoline e biglietti da spedire ai suoi compagni del carcere, che avrebbe rivisto poche ore dopo. Vedersi arrivare posta in cella è una gioia, e lui lo sa bene. Lui che, senza famiglia, è arrivato a Padova da ragazzino, scatenato e incontrollabile. Prima la comunità per minori non accompagnati e poi i guai, il carcere.
Appena fuori dal Due Palazzi una cosa voleva fare, una sola, con insistenza, telefonare a Tina Ceccarelli dell’associazione Famiglie contro la droga, che per qualche anno l’ha ospitato in comunità. «Le voglio bene, mi ha aiutato tanto e io le ho combinato tanti di quei casini. Ma le ho sempre detto la verità e lei lo sapeva: hai fato questo, è vero? Sì, l’ho fatto. A lei dicevo tutto».
Accordata la telefonata, lunghi minuti in cui condensare anni di vita e di carcere, in cui esprimere gratitudine e tanto affetto. Dieci detenuti hanno avurto il permesso di uscire dal carcere alle 17 e rientrare alle 23 per partecipare al “loro concerto” al Castello. Quello del coro e del laboratorio musicale del Due Palazzi. Alle 18 le prove, un gran caldo, tutti sul palco, già emozionati, la voce potente di A. in una canzone con testo georgiano e musica araba, poi tutti in coro (assieme ai coristi volontari che una volta alla settimana vanno al Due Palazzi a fare le prove di quello che è ufficialmente diventato un vero coro), poi di nuovo il solista S. con le modulazioni vocali della musica montenegrina.
Poi ancora in coro, diretti da Giulia Prete, a cantare canzoni popolari dal mondo. Non sono potuti uscire tutti i compotenti del coro Due Palazzi e nemmeno del laboratorio musicale che da quest’anno impegna una ventina di detenuti nel rapporto a tu per tu con uno strumento. Manco a dirlo i magrebini e gli africani pestano sui tamburi come non ci fosse un domani.
A tirare le fila, senza impazzire, tre musicoterapeuti della cooperativa Universi musicale, Daniele, Wilson ed Elena, tre eroi a tirar fuori musica da quelle sedute iniziali in cui pareva di essere nel manicomio dei suoni. Soddisfatto il direttore del carcere, Claudio Mazzeo, che si era incaponito nel voler il concerto e si è fatto in quattro per facilitare le cose. Un’energia speciale si è involata da quel palco e sono piovuti calorosi applausi.
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