«Discriminato perché sono gay». Da rifare il concorso al Bo
PADOVA. «Discriminato in un concorso all’Università perché omosessuale». Un’accusa pesante che, seppur assieme a molte altre ha formulato, ricorrendo al Tar, un candidato escluso da un concorso per un posto in categoria D, area tecnico-scientifica nel settore Veterinario. Il Tribunale amministrativo regionale ha annullato la graduatoria e di fatto quindi il concorso, che sarà da rifare, riconoscendo che il ricorrente era stato danneggiato - non per ragioni omofobe - ma bensì per una erronea valutazioni dei titoli. I suoi meritavano 5 punti, gliene sono stati riconosciuti 1,5.
Il ricorrente, assistito dall’avvocato Giacomo Martini, aveva ravvisato diverse violazioni in quel concorso e si era appellato al Tar che aveva respinto la domanda cautelare, ma il successivo appello al Consiglio di Stato aveva portato i giudici ad accogliere l’appello cautelare, pur demandando ai giudici regionali di entrare nel merito. Così è stato fatto. L’aspirante dipendente universitario si era appellato ad una assenza di requisiti in capo alle competenze della commissione giudicatrice, ma è stato ritenuto infondato. Passa poi ad evidenziare alcune irregolarità nell’attribuzione dei punteggi della laurea e qui i giudici riconoscono un fondamento alle sue doglianze. Come pure la sua ipotizzata violazione della lex concorsualix dei criteri di violazione prestabiliti e l’errata attribuzione dei punteggi ai titoli dei candidati. «Al ricorrente avrebbero dovuto essere riconosciuti 5 punti per i titoli scientifici e non il punteggio assegnatogli dalla commissione, 1,5 punti».
Ma è sicuramente l’ultimo motivo che il ricorrente scrive quello quantomeno più curioso. Ossia la violazione dell’articolo 3 della Costituzione e e dell’articolo 21 della Carta Europea dei diritti fondamentali per violazioni del divieto di discriminazioni basate sul sesso. Il ricorrente ha espresso il proprio timore di essere stato vittima, in ragione della propria omosessualità, di un trattamento discriminatorio nel concorso. In particolare, secondo la sua prospettazione, già dai primi mesi del 2017 un giudicante, il presidente (nel dispositivo pubblico tutti i nomi sono coperti da omissis) ha cominciato ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento freddo e distaccato che inizialmente non era così. Inoltre, dopo l’espletamento delle prove d’esame, il ricorrente è venuto a conoscenza del fatto che la stessa persona, saputo da terzi della sua omosessualità si era preso la libertà di riferirlo ad altri docenti e ricercatori del Dipartimento, rivelando un interesse quasi morboso per la “questione” anche in vista della procedura concorsuale che avrebbe dovuto svolgersi di lì a breve. In conclusione, secondo il ricorrente il proprio orientamento sessuale ha suscitato un interesse del tutto ingiustificato quanto meno privandolo della necessaria serenità di giudizio e minando alla radice l’imparzialità delle valutazioni operate dal docente nella veste di componente della commissione giudicatrice.
Ma i giudici sono categorici: «Priva di rilievo l’ipotesi che il presidente della commissione giudicatrice, abbia posto in essere trattamenti discriminatori, per ragioni di omofobia ai danni del ricorrente anche in considerazione del fatto che il presidente era uno dei componenti della commissione, che vedeva la presenza di altri due persone e che nelle prove, esame pratico e colloquio, in cui maggiori e più ampi sono gli spazi per l’esercizio della funzione valutativa, ha ottenuto giudizi lusinghieri, nel complesso superiori, come punteggio, rispetto a quelli attribuiti ad entrambe le controinteressate».
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