Don Marino: «Ci sono preti pedofili». Ecco perché la Procura di Padova ha aperto un’inchiesta

PADOVA. Preti pedofili nella diocesi di Padova? Don Marino Ruggero, ormai ex parroco di San Lorenzo, è rimasto nel vago anche davanti ai carabinieri che lo hanno interrogato mercoledì. Preti pedofili? Ci sono anche nella diocesi padovana, a suo dire.
Eppure nessun nome e cognome. E tantomeno nessuna indicazione in merito a qualche episodio. Così la procura della Repubblica di Padova ha aperto un’inchiesta conoscitiva, ma l’obiettivo è chiaro: fare luce su un’accusa tanto grave che potrebbe coinvolgere minori privi di difesa, come potrebbe gettare un’ombra di infamia – se non confermata – su tanti sacerdoti che lavorano per la Chiesa padovana.
interrogato
Dopo le dichiarazioni di don Marino pubblicate dalla stampa («Ci sono casi gravissimi nella diocesi di Padova di cui dovrebbe occuparsi il Tribunale ecclesiastico e non l’ha mai fatto. Casi di preti pedofili... sempre taciuti. Se denuncio fatti così gravi significa che ho le prove e le renderò presto note»), il sacerdote-ribelle era stato invitato dal vescovo Claudio Cipolla a parlare.
E a dare conto a lui «delle accuse mosse affinché possa vagliarne l’attendibilità e valutare le successive azioni di sua competenza» si legge in un comunicato che richiamava don Marino «alle responsabilità che si è assunto con le sue dichiarazioni e all’opportunità di rivolgersi alla Procura se effettivamente è in possesso di prove».
Data del comunicato mercoledì 15 gennaio. Non un giorno qualsiasi. Quello stesso giorno la stazione dei carabinieri di Albignasego convoca don Marino per verbalizzare le dichiarazioni fornite ai cronisti. E per chiedere informazioni precise sui presunti casi di pedofilia da parte di “colleghi” sacerdoti, una “notizia di reato” di fronte alla quale l’autorità giudiziaria ha l’obbligo di attivarsi.
Don Marino si presenta ma risponde a metà, limitandosi a confermare quanto detto e prendendo tempo per fornire ulteriori dettagli. In pratica non consente di procedere alle doverose verifiche nonostante la grave accusa. Un’accusa che ha creato legittima preoccupazione in molte famiglie con figli che frequentano parrocchie e attività organizzate nei patronati.
I carabinieri trasmettono il verbale con una nota informativa alla procura della Repubblica guidata da Antonino Cappelleri.
La procura
L’informativa finisce sul tavolo del procuratore aggiunto Valeria Sanzari, coordinatrice del gruppo di magistrati che si occupa delle cosiddette fasce deboli (vittime di reati sessuali, maltrattamenti, stalking). Ed si decide l’apertura dell’indagine conoscitiva che sarà assegnata a un pubblico ministero del gruppo fasce deboli.
Don Marino verrà di nuovo interrogato, stavolta (è probabile) in procura: del resto fin da subito il vescovo ha esortato l’ex parroco a dire quel che sa, evitando «generiche dichiarazioni altamente lesive della reputazione della chiesa».
Un ex parroco considerato di simpatie filoleghiste, duro con i Rom e a favore della legittima difesa («Se il mio pensiero a volte coincide con quelle di un partito politico come la Lega, non è colpa mia») ma anche troppo sensibile al fascino femminile.
È il motivo per cui è stato trasferito e si trova sottoposto a processo canonico: «comportamenti non consoni allo stato clericale, inerenti agli impegni derivanti dall’obbligo del celibato per i preti».
Tuttavia la legge tutela il segreto confessionale del sacerdote. Significa che se don Marino dirà di aver saputo di casi di pedofilia durante la confessione, non potrà essere obbligato a parlare. Neanche dal magistrato.
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