Dopo Helios chiude anche MegaCell

Subentrata nello stabilimento di Carmignano per rilanciare la produzione del fotovoltaico, ora lascia a casa 75 addetti
Di Silvia Bergamin

CARMIGNANO DI BRENTA. Quel che restava della Helios chiude i battenti, l’Alta Padovana non è più la capitale dell’energia pulita e 75 persone rimangono a casa. È stata aperta ieri la procedura di mobilità per i dipendenti della MegaCell Srl, l’azienda che aveva preso in mano il sito ex Helios di Carmignano un paio di anni fa, cercando un rilancio andato a schiantarsi contro i limiti del mercato interno e l’impossibile competizione globale. Alla fine l’impresa è diventata insostenibile. «Il titolare Franco Traverso ce l’ha messa tutta, ma un mix di fattori ha impedito che l’azienda potesse continuare» riconosce Andrea Bonato, della Fim Cisl, da anni in prima linea nella difesa dei lavoratori e alla ricerca di soluzioni perché la produzione continuasse. «Purtroppo il mercato italiano non è pronto per la tecnologia proposta da MegaCell, il cui core business è la commercializzazione di fabbriche “chiavi in mano” con celle fotovoltaiche bifacciali già installate». Il crinale negativo è stato acellerato dall’instabilità globale: «Sono state perse commesse in Canada, le forniture sono state bloccate dalle nevicate in Nordamerica, e poi i cinesi sono arrivati vendendo i pannelli anche a metà del prezzo. Altri canali, con Egitto e Turchia, sono stati troncati dalle crescenti tensioni interne a quei paesi» osserva Bonato. Si chiude un’epoca: ieri Traverso ha relazionato, con sincerità, davanti ai dipendenti, 40 operai, 33 impiegati e un dirigente. Una comunicazione fatta col cuore in mano: è stato applaudito ed è scivolata qualche lacrima, in un misto di amarezza, delusione, angoscia per il futuro. Ora c’è la mobilità. Nella comunicazione, inviata alla direzione regionale del lavoro, all’assessorato competente e alla direzione territoriale di Padova, si legge che l’esposizione verso i fornitori è di circa 2,5 milioni di euro: un milione di euro spetta ai fornitori di materia prima, il silicio; 300 mila euro spettano a chi ha dato i macchinari, e poi vanno saldati 200 mila euro di bollette elettriche. Ammanchi che si sono accumulati a causa di costi fissi non banali, «400 mila euro a settimana per il silicio, 150 mila euro al mese di energia» puntualizza Bonato. “Impossibilità” è la parola che ricorre più spesso: impossibile rimediare modificando l’organizzazione del lavoro, impossibile ripianare, impossibile convertire gli impianti. Troppo forte la Cina: «Il governo Usa ha deciso di promuovere una politica di forte spinta nelle fonti di energia rinnovabili, ma il mercato americano è stato invaso da celle cinesi di ottima qualità tecnica, ma a dei prezzi di vendita anche del 30 per cento inferiori a quelli precedentemente praticati». E la cella bifacciale non ha avuto più spazio: insistere nella vendita di questo prodotto innovativo determinava una perdita di 350 mila euro al mese insostenibile per l’azienda. La speranza è l’ultima a morire: «Il progetto industriale rimane buono, mi auguro che qualcuno investa sulla MegaCell e faccia ripartire la produzione» conclude Bonato.

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