Dov'è il gatto veneziano?

I felini stanno scomparendo dalla loro città di elezione
A sinistra una «gattara» veneziana Nelle altre immagini gatti veneziani superstiti
A sinistra una «gattara» veneziana Nelle altre immagini gatti veneziani superstiti
Vivo a Venezia e ho sempre amato girare di notte per la città in particolare dopo la pioggia o quando una nebbiolina pungente incarta gli edifici e ci fa scoprire un'infinità di dettagli che normalmente sfuggono all'occhio, confusi nella massa delle immagini. I masegni sono lucidi e riflettono la luce, t'invogliano a proseguire lungo i meandri dell'immenso labirinto delle calli che formano il percorso pedestre della città.  In realtà la città è composta da un doppio labirinto: quello calpestabile e quello da barca. Entrambi si incrociano secondo uno schema preciso; i ponti sono sempre perpendicolari ai canali da come s'intuisce dallo schema del Polifilo. Questo intrico è stato fin dai primordi il regno di reggimenti di gatti. La tradizione vuole che i soriani veneziani debbano il loro nome alla nave che li portò dalla Siria per combattere i ratti (non le pantegane che a volte sono più grandi di loro) e questi hanno fatto gran banchetti di topi, acciuffandoli all'arrivo delle galere cariche di spezie, salvando così Venezia dalla peste. Le prime notizie sui gatti ci giungono dall'Egitto dove erano considerati sacri. Osiride si trasformava in Gatto e Bastet, dal corpo di donna e testa felina, era la divinità più amata dal popolo, non c'era uomo o donna che non possedesse un suo amuleto. La dea regalava fertilità, proteggeva casa e salute, personificando luce e calore. Ai Greci i gatti non interessavano, sono citati solo casualmente in Erodoto, Aristofane, Callimaco e qualche volta illustrati sui vasi. Anche per i romani proteggevano solo le derrate, mentre nel Medioevo erano perseguitati come portatori di disgrazie e le loro proprietarie erano considerate streghe. Nel Rinascimento l'animale è raffigurato come un membro di casa in quadri di soggetto familiare, mentre nell'epoca vittoriana viene valorizzato al massimo.  Questa bestia così particolare ha sempre avuto nella donna la sua più grande alleata e come habitat ideale la città di Venezia. Durante il mio girovagare notturno, amavo perdermi nella zona delle Fondamenta Nuove, passavo spesso davanti al giardino di Tiziano, un tempo affacciato sulla laguna. Rimuginando le sue lettere e quelli dell'Aretino, mi pareva di partecipare ai loro conversari rallegrando la gola secca con il vino dell'uva dorona che allora cresceva ovunque negli orti della zona. L'imbottita di stelle che mi avvolgeva con occhi lucenti m'illuminava il cammino: vedevo in lontananza il Casino degli Spiriti dove, durante una festa proprio la sera di San Giovanni, i miei amici infilati in tute nere su cui erano disegnati scheletri fosforescenti mi hanno fatto morir di paura quando sbucando da dietro gli alberi del giardino mi hanno imprigionato in una danza da sabba. Invece col freddo caligo invernale vagavo nel nulla rischiando di finire in acqua e mi ha salvata un immenso gatto nero, forse el diol, che mi ha ricondotto sulla retta via.  I gatti a Venezia erano tanti belli e brutti, solitari o a mazzi, si accapigliavano in risse furiose forando l'ovattato silenzio con i loro lazzi. Continuo a passeggiare ma non vedo più gatti... dove sono finiti? Arrosto negli innumerevoli ristoranti cinesi, morti senza prole perché castrati dalla Dingo?  Sono fortunata perché dopo aver eliminato i drogati dal mio campo pieno di fiori, il loro gatto Biagio mi ha adottato ed è diventato una meravigliosa compagnia.

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