Dramma in sala parto, scatta l’inchiesta
CAMPOSAMPIERO. Era stata una gravidanza tranquilla per una 35enne residente a Padova, siciliana d’origine. Poi un dolore fortissimo all’addome a due settimane dal termine della gravidanza. La corsa in ospedale e il lungo travaglio in vista di un parto che avrebbe dovuto seguire le “vie naturali”. Improvvisamente la tragedia: il bimbo che, non riuscendo a nascere, va in anossia con perdita del battito cardiaco, la mamma che viene accompagnata di corsa in sala operatoria per il parto cesareo, poi l’intervento per la rottura dell’utero. È il 10 aprile e il neonato, un maschietto in gravissime condizioni per le lesioni cerebrali, è trasferito d’urgenza nella Patologia neonatale dell’Azienda ospedaliera di Padova. Intubato e legato a una “ragnatela” di cannule, il piccolo non riesce a sopravvivere. Morirà 5 giorni più tardi, il 15 aprile.
Il pubblico ministero padovano Daniela Randolo ha aperto un’inchiesta in seguito alla denuncia presentata dai genitori prima che la loro creaturina morisse: così dall’ipotesi di reato di lesioni colpose, si è passati a quella più pesante di omicidio colposo. Al momento, però, nessun nominativo è finito nel registro degli indagati. Il magistrato è cauto perchè la situazione è delicata. Per tutti: da una parte la famiglia del bimbo, che fatica a riprendersi dal trauma, dall’altra i professionisti del reparto di Ostetricia di Camposampiero dove la mamma, pur residente a Padova, aveva scelto di dare alla luce il figlio. E non caso: tante sono le donne (molte da fuori provincia) che, pur abitando in un territorio diverso da quello dell’Usl 15 dell’Alta, scelgono la divisione ostetrica camposampierese per partorire.
Ora il pm Randolo ha affidato una consulenza tecnica al professor Adriano Tagliabracci dell’Azienda ospedaliera universitaria di Ancora, un medico legale di esperienza (già perito per la difesa di Raffaele Sollecito, imputato poi assolto per il delitto della studentessa inglese Meredith Kercher). Mercoledì scorso il professor Tagliabracci ha eseguito l’autopsia sul corpicino del neonato alla presenza del dottor Giovanni Ciraso, nominato consulente di parte dai genitori. Ma l’esperto dovrà valutare anche la cartella e tutta la documentazione clinica che il magistrato ha fatto sequestrare nel reparto di Camposampiero, dov’era ricoverata la mamma, e nella sede del consultorio di Padova dove, sempre la donna, era stata seguita da un ginecologo dell’Usl 16 durante la gravidanza. Precisi i quesiti cui dovrà rispondere il professor Tgaliabracci: oltre a ricostruire il drammatico parto e individuare gli operatori che sono stati coinvolti, la procura vuole capire se siano stati seguiti protocolli e linee guida che disciplinano ogni fase dell’intervento, se sia stata seguita la “buona pratica” o, al contrario, se ci siano state negligenze od omissioni, infine se il tragico evento fosse imprevisto e imprevedibile perché la scienza medica purtroppo ha dei limiti.
Il 10 aprile scorso la mamma decide di raggiungere l’ospedale camposampierese perché, pur mancando ancora due settimane alla scadenza della gravidanza, avverte dolori fortissimi. Trasferita in Ostetricia, intorno alle 17 si decide il parto naturale, benché la donna, già mamma di un bambino di tre anni, abbia partorito con il taglio cesareo il precedente figlio. La sofferenza è tanta fino intorno alla mezzanotte quando in sala parto non viene più avvertito il battito cardiaco del bambino. Scatta l’emergenza, si verifica che c’è stata la rottura dell’utero, si tenta il cesareo per salvare il neonato. La tragedia è ormai consumata.
Cristina Genesin
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