Due accusati dopo trent’anni per l’omicidio di Willy Branchi

Nomi, cognomi, movente: per la prima volta dopo 31 anni, in un atto giudiziario compaiono i nomi degli assassini (presunti, è ovvio)di Willy Branchi, il ragazzino 18enne, massacrato e trovato morto nella golena alle porte di Goro, la mattina del 30 settembre 1988. Procura e carabinieri hanno deciso sulla base di nuovi riscontri di iscrivere nel registro degli indagati «una o più persone»: chi ha ucciso e chi ha aiutato ad uccidere. Saperne di più impossibile: tutti gli atti sono secretati, massimo e assoluto riserbo da parte degli inquirenti.
notizia dal fratello
La notizia è trapelata dalla famiglia di Willy, dal fratello Luca e confermata “tecnicamente” dal loro avvocato Simone Bianchi che ha verificato con un accesso agli atti il “salto” dell’indagine per omicidio a carico di alcune persone. «Questo è un momento estremamente importante, un cambio di orizzonte perché dopo 5 anni di lavoro (l’inchiesta sollecitata da lui e dalla famiglia Branchi venne riaperta nel 2014), si vede la luce in questa vicenda buia: è un inizio, siamo fiduciosi». Ancora più fiducioso il fratello che in un post sul suo profilo Facebook, informa che la Procura ha indagato una o più persone per omicidio del fratello. «Sì, avete capito bene – scrive, quasi ad urlarlo a tutti –. Non sono qui a colpevolizzare nessuno, ma se la Procura è arrivata a tanto, credo che abbia in mano elementi decisivi». Ricorda, Luca Branchi, i tanti anni con «occhi gonfi di lacrime», dopo aver visto il padre «morire pian piano con la foto del suo Willy tra le mani» e la madre «parlare con Willy a voce alta e chiamarlo ad ogni ora del giorno e della notte: oggi credo sia il minimo della giustizia reclamata e a noi interessa una cosa sola, sapere chi ha ucciso mio fratello». Le indagini dunque prendono quota, grazie alla pressione degli inquirenti – pm Andrea Maggioni e dei carabinieri del Reparto investigativo di Ferrara – dopo che nei mesi scorsi gli stessi investigatori avevano indagato altre 6 persone, testimoni reticenti sui fatti e accusati di false informazioni, e una di queste don Tiziano Bruscagin (sacerdote a Goro all’epoca dell’omicidio, originario di Agna e da vent’anni in servizio a Villa del Bosco di Correzzola, prima come parroco e ora come collaboratore pastorale), è ora accusato dalla procura di falso e calunnia.
ci sono stati riscontri
In assenza di conferme da parte degli inquirenti, è possibile ipotizzare che proprio da queste persone, indagate per aver coperto la verità sull’omicidio, possano essere arrivati nuovi riscontri che hanno indotto magistrato e carabinieri a far fare il “salto” all’inchiesta. Finora, infatti, lo ricordiamo, nel fascicolo oltre alla rubricazione ovvia di omicidio contro ignoti, comparivano solo i sei nomi di questi testimoni reticenti, per aver saputo, non detto, coperto, e depistato: ora invece, anche i nomi dei presunti assassini.
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