Due cuori dietro le sbarre Coppia gay autorizzata a stare nella stessa cella
IL CASO
Sono entrambi detenuti nella casa di reclusione Due Palazzi, due giovani uomini tunisini (uno dei quali uscirà a breve) che hanno fatto outing in carcere, firmando anche una dichiarazione sulla loro volontà di sposarsi. E vabbè, non c’è nulla di strano pur essendo una situazione inusuale in quel contesto. Hanno chiesto fin da subito di essere messi in cella insieme e, non tanto per agevolare l’amore che il carcere tutto è fuorché un’agenzia matrimoniale, quanto per motivi organizzativi interni, nella stessa cella sono stati sistemati.
Due cuori e una cella. Il che ha sollevato le vibratissime proteste dello Spp (Sindacato di polizia penitenziaria): «Non è questo il modo di affrontare il problema dell’affettività in carcere» scrive il segretario generale Aldo Di Giacomo «di fatto favorendo coppie omosessuali di detenuti o detenute. Come sindacato non eravamo certo favorevoli alle “camere dell’amore” ma questa situazione è diventata intollerabile e va ben oltre il sistema delle “celle aperte” ampiamente diffuso nelle carceri italiane».
Il sindacato specifica inoltre che quella di Padova risulterebbe l’ultima di una lunga serie di autorizzazioni in questo senso in ambito nazionale. «I casi sono decine e decine», aggiunge e continua specificando che oggi il sistema utilizzato per mantenere relazioni affettive con il proprio partner è quello dei permessi premio, periodo da trascorrere in famiglia che il magistrato di sorveglianza concede ai detenuti meritevoli. Anche se non si può far finta di non sapere che la popolazione detenuta è molto giovane (il 54% ha meno di 40 anni) e spesso non ha una famiglia (il 39% non è sposato) quindi non può accedere non solo ai permessi premio ma nemmeno a misure alternative al carcere. Ed è un problema gigantesco, questo sì crea discriminazioni e discrepanze nel trattamento e nelle chance di rifarsi una nuova vita. Ché se fuori non c’è nessuno, se fuori il detenuto non ha un appoggio, non se ne parla di permessi. E quando esce, se è solo, ha il deserto attorno.
Tornando alla love story, di certo non è così facile, al Due Palazzi. I due detenuti in questione» spiega Claudio Mazzeo, direttore della casa di reclusione Due Palazzi «come qualsiasi altra persona dichiaratamente omosessuale, per motivi di sicurezza noi la mettiamo in un reperto protetto. Perché non sono bene accetti dal resto dei detenuti. Anche i due tunisini sono quindi in una sezione protetta, e nella stessa camera». Onde ridurre i rischi al minimo, ché evidentemente di rischi ce ne sono e parecchi. «Hanno fatto una dichiarazione scritta riguardo alla loro volontà di contrarre matrimonio, ma questo se lo vedranno loro quando usciranno tutti e due. Noi abbiamo fatto la scelta più sicura e semplice, anche se non possiamo essere certi che la loro omosessualità sia vera». Difficile pensare che due ragazzi tunisini abbiano altri motivi per manifestare pubblicamente il loro amore dentro un carcere se non perché è la verità. —
Alberta Pierobon
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