È morto Le Goff, rivoluzionò il Medioevo

PARIGI. Il Medioevo sarebbe diverso senza Jacques Le Goff. Per questo i suoi libri sono arrivati anche al grande pubblico e per questo è uno dei pochi storici che tutti, almeno una volta, hanno sentito nominare. E, magari, hanno anche apprezzato.
Le Goff è morto a novant’anni, a Parigi. I francesi lo consideravano il loro “grande storico”, sottolineando come fosse l’ultimo protagonista di una stagione che aveva cambiato il modo raccontare il passato. Ma anche in Italia la presenza di Jacques Le Goff è stata centrale. Due università, Pavia e Parma, gli hanno consegnato la laurea honoris causa; una città, Firenze, lo ha fatto cittadino onorario, ma la sua presenza culturale è andata ben oltre, grazie al rapporto con editori come Einaudi, per le cui “grandi opere” ha lavorato più volte, e Laterza, per il quale ha diretto e pensato collane.
Le Goff si è mosso nello spirito di “Les annales”, l’autorevole rivista intorno a cui è nata negli anni Trenta del Novecento la grande tradizione storica francese, da Marc Bloch a Fernand Braudel, ma lo ha fatto applicandosi ad un settore, l’immaginario medievale, prima di lui completamente ignorato. Era convinto, Le Goff, che per capire il Medioevo bisognasse rendere trasparente la mentalità di uomini completamente diversi da noi, portatori di valori che sono andati ben oltre i limiti temporali della età di mezzo e che hanno costituito il terreno comune su cui si è costituita l’Europa. Le Goff ha inventato, in pratica, la storia della mentalità, occupandosi di temi che un tempo gli storici non trattavano.
Al Medioevo contadino ha contrapposto quello intellettuale, in quella che è la sua prima fondamentale opera, pubblicata negli anni Cinquanta. Nella sua opera “Gli intellettuali nel Medioevo”, Le Goff esorcizza il mito della incultura del mondo preumanistico. Anzi assegna agli intellettuali e alle università dell’epoca un ruolo fondamentale che si intreccia con quello della religione. Perché per Le Goff la religione ha plasmato l’uomo europeo, non sul piano teologico, ma su quello dei modi di pensare, di sognare, di immaginare la realtà.
Ma il medioevo di Jacques Le Goff, originario di Tolone (è nato il giorno di Capodanno), è popolato da altre figure, come i banchieri e i mercanti, che sono portatori di una visione individualistica della storia che pian piano farà emergere la vera natura della civiltà occidentale, così come viene raccontata in un libro di svolta come “La civiltà dell’Occidente medievale”, pubblicato negli anni Sessanta.
Si delinea in questo libro con chiarezza l’idea di Le Goff. L’Europa nasce dal cristianesimo, il tempo della Chiesa precede quello dei mercanti e lo permea decisamente. Il cristianesimo spinge l’uomo verso la interiorità, facendo nascere quell’uomo interiore, capace di riflettere su se stesso, che sarà alla base della espansione e della consapevolezza dell’Occidente. È in questa dimensione che vanno letti i suoi approfinditi e innovativi studi, a partire da “La nascita del purgatorio”, scritto all’inizio degli anni Ottanta, che racconta la necessità del Medioevo di trovare una mediazione tra il rifiuto religioso del denaro e la sua pratica, diffusa nella borghesia urbana.
Le Goff ha lavorato a Roma, a Firenze, è stato molto spesso a Venezia, ha scritto un fondamentale saggio all’interno della “Storia d’Italia” della Einaudi sulla immagine dell’Italia medievale, ma al contrario di altri grandi storici non ha dedicato saggi specifici alle città italiane. Ha però dedicato a San Francesco, il poverello di Assisi, uno dei suoi rari libri biografici, anche se la sua biografia più rilevante è quella dedicata al re santo, a Luigi IX di Francia, emblema di quella mentalità medioevale che Le Goff ha raccontato fino agli ultimi giorni. Con passione profonda e con un approccio nuovo.
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