“Ecco”, c’è Niccolò Fabi La musica e l’impegno

PADOVA. Il cantautore Niccolò Fabi fa tappa questa sera con il suo “Ecco Tour” alle 22 allo Sherwood Festival, parcheggio Nord dello Stadio Euganeo di Padova (apertura dei cancelli alle 19; biglietto 10 euro).
Niccolò Fabi, “Ecco Tour” arriva in versione estiva. In cosa è diverso, dallo spettacolo invernale?
«La scaletta è la stessa ma abbiamo inserito qualche vecchio pezzo. Per il resto continuiamo a proporre dal vivo l’ultimo album “Ecco” accanto ai successi del passato. La differenza è data dalla situazione ambientale. Suoniamo all’aperto: funzionano meglio, per noi e per il pubblico, i pezzi più dinamici perché la gente ha più bisogno di fisicità, di muoversi e ballare durante il concerto. Magari perdono un po’ i brani intimi che avrebbero bisogno di una concentrazione».
In “Una buona idea” lei ha affermato di sentirsi orfano di una «democrazia che non sia un paravento».
«Il disco è uscito a ottobre, sembrano passati anni luce ed è un periodo politicamente difficile da interpretare fino in fondo. Prima delle elezioni ho firmato la petizione “Riparte il futuro” con cui si chiedeva ai partiti di impegnarsi a cambiare e a rendere più severa la legge contro la corruzione. “Una buona idea” e la petizione sono dei campanelli che vanno suonati fino a che non ci sarà un reale cambiamento».
Il tour diventerà un album dal vivo?
«Non so se ci sarà un album dal vivo o dei video live come abbiamo fatto con le “Angelo Mai Session”. Sicuramente qualcosa faremo. La pubblicazione di un disco ormai è un’operazione molto delicata dal punto di vista commerciale. Vedremo».
In autunno comincerà a lavorare a un nuovo album?
«Non lo so. Secondo i miei cicli vitali, l’autunno è il momento ideale per un viaggio e per scrivere utilizzando tutti gli stimoli accumulati durante il tour».
Ha voglia di un altro progetto collettivo come “Violenza 124”?
«Mi piacerebbe, il fatto di sentirsi libero di progettare qualsiasi cosa, include anche il fatto di non essere solo cantante ma anche musicista all’interno di un progetto con altri artisti, come è stato con “Violenza 124”. La cosa bella della crisi della musica è che potenzialmente ci appaiono prospettive nuove. Chi ha un’idea la può portare avanti».
Un giorno lei ha raccontato dell’effetto diverso che le fecero i Police da giovane rispetto all’incontro che ebbe qualche anno fa con Stewart Copeland.
«Da ragazzo vivi il mito, da grande devi sapere che dietro anche al più grande artista c’è un essere umano come te, che può sorprenderti o deluderti. In una canzone un autore mette il meglio di sé ma un brano dura tre minuti, poi c’è la quotidianità. Una volta Ivano Fossati disse che le donne della sua vita si aspettavano che lui parlasse sempre con la stessa poesia delle canzoni anche se questo non era possibile».
Continuerà la sua collaborazione con Medici con l’Africa Cuamm?
«Certo. Il 30 agosto faremo una nuova raccolta fondi a favore del Cuamm per finanziare la costruzione di un ospedale pediatrico in Africa. I responsabili del Cuamm sono degli amici prima ancora di essere i responsabili di un’organizzazione serissima in cui credo molto».
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