«Ecco come a Padova operiamo il cervello mentre parliamo con il paziente»

Franco Chioffi è il direttore dell’Unità complessa di Neurochirurgia del Policlinico padovano. È specializzato nella awake surgery sia per i tumori che per gli aneurismi cerebrali
L'équipe neurochirurgica padovana in grado di operare il cervello senza ricorrere ad anestesia
L'équipe neurochirurgica padovana in grado di operare il cervello senza ricorrere ad anestesia

PADOVA. Operare il cervello conversando con il paziente perfettamente sveglio: è quello che accade con la cosiddetta awake surgery , cioè la chirurgia da svegli, che viene praticata nella Neurochirurgia dell’Azienda Ospedale Università di Padova diretta da Franco Chioffi. La tecnica consente di intervenire nel modo più radicale sull’asportazione del tumore cerebrale, preservando allo stesso tempo le funzioni come linguaggio o motilità, testando in tempo reale la risposta agli stimoli del paziente.

Ovviamente questa è solo una parte dell’attività di alta specializzazione dell’Unità diretta da Chioffi, che conta 12 neurochirurghi e si articola su un reparto di degenza di 24 posti letto, due sale operatorie e 8 posti letto di Neurorianimazione.

«La nostra attività si divide in tre grandi capitoli» rileva il direttore, «la chirurgia cranica, quella spinale e quella del sistema nervoso periferico, per patologie tumorali, vascolari, traumatiche e degenerative. Un ambito che non si limita a particolari fasce di età, quindi, infatti la nostra Unità è integrata alla Neurochirurgia pediatrica diretta dal professor Domenico D’Avella». Altre Unità strettamente connesse sono anche Neuroradiologia, la Neurorianimazione/Neuroanestesia e la Neurologia.

Uno degli sviluppi nel campo della neurochirurgia oncologica più importanti per il riflesso sulla qualità di vita dei pazienti è quello che ha permesso di operare il paziente al cervello da sveglio. Risonanza magnetica funzionale e Trattografia sono i due strumenti che hanno reso possibile indagare più in profondità l’anatomia del cervello per identificarne i fasci di connessione fra le diverse aree.

«Quando dobbiamo operare un tumore cerebrale in sede critica, dove cioè sappiamo che sono localizzate determinate funzioni come il linguaggio, la vista o la motilità» sottolinea Chioffi, «non possiamo sapere con il paziente addormentato se la nostra procedura che cerchiamo di spingere al massimo grado per asportare il tumore stia creando un danno. È fondamentale bilanciare tra radicalità e preservazione delle funzioni per garantire la qualità di vita del paziente".

"Questo lo possiamo ottenere con la collaborazione del paziente stesso, che viene addormentato in anestesia generale, e una volta esposta la lesione, per sapere dove sono localizzate le funzioni, viene svegliato e mantenuto in anestesia locale. Mentre si esegue una elettrostimolazione della superficie cerebrale il paziente viene sottoposto a dei test come riconoscere o classificare degli oggetti o contare".

"Il neurochirurgo non deve deconnettere i fasci fra le aree cerebrali, che corrono come fili sotto il pavimento. In questo modo evitiamo deficit permanenti. Grazie alle indicazioni che ricaviamo con la Risonanza e la Trattografia portiamo il navigatore dove passa il fascio di connessione e andiamo a stimolarlo, vedendo come reagisce il paziente. Questa tecnica ha migliorato molto gli esiti e consente anche di operare tumori che fino a una decina di anni fa non venivano operati».

Il neurochirurgo Chioffi è anche uno dei primi al mondo che ha applicato l’awake surgery negli interventi sugli aneurismi cerebrali: «Quando ho iniziato un paio di anni fa» conferma, «esistevano una ventina di casi al mondo. Anche con l’aneurisma, quando vai a “clipparlo” non puoi sapere se vai a strozzare un vaso - qualche volta succede - mentre se il paziente è sveglio al momento dell’inserimento della clip si ha la prova del nove, anche qui evitando deficit permanenti».

Nella awake surgery gioca un ruolo fondamentale l’anestesista: «Di fatto per il neurochirurgo la tecnica non cambia, c’è un grande lavoro di squadra con l’anestesista che deve mettere il paziente nelle condizioni di non sentire dolore, di essere cosciente di eseguire i test. Effettuare questo tipo di chirurgia richiede un notevole impegno multidisciplinare che si articola nelle fasi pre, intra e post-operatorie» sottolinea Chioffi, «con il coinvolgimento di neuroradiologi, neuropsicologi, neurologi, neuroanestesisti, neurochirurghi, neurofisiologi, neuropatologi, neuroncologi, logopedisti, neuroriabilitatori».

Anche la tecnologia ha un ruolo importante: «L’Azienda è impegnata nell’ammodernamento del parco tecnologico» conferma Chioffi, «in particolare nell’ambito delle tecnologie intraoperatorie spicca il braccio robotico di ultima generazione per la chirurgia vertebrale che consentirà di posizionare mezzi di stabilizzazione vertebrale con precisione assoluta e attraverso tecniche mininvasive». —
 

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