Ecco perché l’industria padovana si sta fermando. «Siamo pieni di commesse ma ci conviene non lavorare»
Il responsabile relazioni esterne di Acciaierie Venete, Francesco Semino, spiega la situazione
PADOVA. Acciaierie Venete ha aperto la pratica della cassa integrazione, ma non l’ha ancora usata. Il rischio c’è perché l’energia elettrica è schizzata alle stelle e l’azienda ogni giorno monitora le fasce più convenienti.
Francesco Semino, responsabile delle relazioni con l’esterno, spiega la nuova organizzazione del lavoro.
Com’è possibile chiedere la cassa integrazione ma avere molti ordini?
«Chiedere la cassa integrazione non significa utilizzarla: la si apre in caso di stop, sperando di usarla il meno possibile. Noi veniamo dalla pausa estiva, a Padova resta fermo solo un laminatoio, un forno che tuttavia è pronto a ripartire. Al momento stiamo lavorando durante le fasce orarie che costano meno. Nei picchi gli operai li spostiamo a fare manutenzione e pulizie delle macchine».
Come state organizzando il lavoro?
«Noi abbiamo due fronti da monitorare: l’energia elettrica e il gas e viviamo alla giornata. Nell’ultima settimana energia e gas hanno avuto un’impennata preoccupante, l’energia con punte di 330 euro per kwh e il gas a 441 euro per metro cubo. Poi l’energia è scesa, prima a 280 euro kwh e poi a 260 kwh e ci ha consentito di riprendere a lavorare scongiurando di usare la Cig».
Eppure gli ordini ci sono e sono anche tanti, è vero?
«Si, le commesse da evadere ci sono e dunque ci sarebbe da lavorare, ma lo stop è dato dai costi: se i costi salgono al punto che per vendere superi i prezzi che i clienti sono disposti a pagare, ci rimetti. Dunque prima di tutto ogni giorno dobbiamo monitorare le previsioni energetiche, ora per ora, poi iniziano la giornata lavorativa».
E da questa certosina analisi, cosa emerge?
«Prendiamo un giorno a caso della scorsa settimana: l’energia elettrica ha toccato vette inimmaginabili di 700-800 euro, in queste fasce orarie non abbiamo scelta, dobbiamo fermarci perché i consumi sarebbero insostenibili. In generale le ore più costose sono dalle 10 del mattino alle 19. La media resta comunque alta durante il giorno e dunque ci conviene calendarizzare i turni nelle ore notturne».
«Tanto per spiegare di cosa parliamo, rispetto all’energia elettrica il costo medio di agosto è stato di 441 euro per kwh, mentre a luglio dell’anno scorso – che già aveva iniziato a salire di prezzo – costava 102 euro a kwh. Ma nel 2020 l’energia elettrica la pagavamo di media 38 euro a kwh, mettiamo pure che fosse l’anno della pandemia e che non conta nel ragionamento globale, nel 2019, quando il Covid nemmeno esisteva l’energia ci costava 57 euro di media. È evidente che i costi decuplicati non sono possibili».
Cosa significa nei bilanci di un grande gruppo come Acciaierie Venete?
«Noi che siamo un’azienda che trasforma la materia prima e che, per eccellenza, siamo annoverabili come industria energivora, abbiamo visto lievitare in maniera incontrollata i costi: nel 2019 l’energia pesava per il 25% dei costi aziendali complessivi, oggi l’energia pesa per il 60% dei costi complessivi».
«È chiaro che il problema c’è. Se riusciamo a lavorare, noi lavoriamo, ma non possiamo pensare di produrre in perdita. In autunno vedremo cosa accadrà, le parole pronunciate dalla Comunità Europea ci incoraggiano: sembra che l’Europa abbia mostrato i denti e primi, moderati, risultati si sono visti subito perché il prezzo del gas è diminuito. È evidente che deve sgonfiarsi un sistema speculativo che si è infiammato. Si tratta di difendere la produzione e i dipendenti: il nostro gruppo dà lavoro a 1400 persone».
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