Effetto lockdown: a Padova chiuso il ristorante in piazza del Santo
Il gestore Ruggeri: «Non ho avuto la riduzione dell’affitto» Salgono a 130 i locali pubblici, tra bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie e pub che hanno chiuso in città e in provincia di Padova dall’inizio del lockdown. «Una Caporetto» secondo il direttore dell’Appe Filippo Segato che chiede il sostegno del governo.

TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - RISTORANTE DONATELLO
PADOVA Ha chiuso i battenti, almeno per il momento, un altro locale pubblico del centro storico. Si tratta del bar-ristorante-pizzeria Sant’Antonio che si trova al piano terra dell’albergo Donatello (che invece è attivo), in piazza del Santo, aperto nel primo dopoguerra dalla famiglia Moresco e gestito da Roberto Ruggeri, lo stesso ristoratore che, pochi mesi fa, aveva già chiuso Al Bersagliere.
Ruggeri aveva in affitto il ramo d’azienda. «Ho dovuto gettare la spugna per la gestione del ristorante perché, dopo il lockdown, i costi non erano più coperti dalle entrate», spiega Ruggeri, «In pratica non ho più riaperto. Avevo provato a farmi abbassare l’affitto dalla proprietà dei muri, che è la Valgrande Costruzioni srl, una società con alberghi anche a Bibione, ma non mi hanno fatto alcuna concessione. Ho dovuto dichiarare cessata attività. I lavoratori, in base alla normativa Covid, sono andati in cassa integrazione.
Con il passare dei mesi tutti gli otto sono stati inglobati all’interno della società con sede a San Michele Al Tagliamento. Alcuni hanno lavorato negli alberghi del gruppo, mentre gli altri sono ancora in cassa integrazione. Il sottoscritto è uscito totalmente dalla gestione, ma non è escluso che in futuro la società la possa affidare ad un nuovo gestore e, quindi, il ristorante potrebbe essere riaperto. Lo stavo gestendo dal 2014, appena dopo la morte di mio fratello, che, a sua volta, lo stava portando avanti dal 2005».
Con la chiusura del Sant’Antonio salgono a 130 i locali pubblici, tra bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie e pub, che hanno abbassato le serrande. Tra questi anche Al Bancale, Grotta Azzurra e La Ronde. Considerato che i locali, in tutta la provincia, sono 2.800, la percentuale è del 5%.
«Siamo davanti ad una Caporetto», sottolinea Filippo Segato, direttore dell’Appe, «La situazione peggiora mese dopo mese. Se il governo non invia risorse, a fine anno il numero dei pubblici esercizi in crisi rischia di raddoppiare. A questo punto non bisogna tenere conto solo dei locali chiusi e di quelli che chiuderanno, ma anche delle mancate aperture. Ossia di quei locali, che, se non fosse arrivato il coronavirus, erano in programma di essere inaugurati».
Segato contesta anche la mancanza di provvedimenti del governo a sostegno del settore: «I ristoratori hanno bisogno di denaro fresco e non di vaghe promesse per il futuro», aggiunge il direttore, «Purtroppo qui si torna a parlare di nuove e pesanti restrizioni, sia per quanto riguarda l’orario quotidiano di apertura e sia per limitare ulteriormente il numero dei tavoli in tutti i ristoranti.
Invece già oggi ci sono tutte le condizioni per andare avanti sulla strada intrapresa alcuni mesi fa perché, anche e specialmente a Padova, tutti gli addetti ai lavori, ossia sia i titolari che i dipendenti, stanno garantendo ai clienti la massima sicurezza sanitaria. Invece sembra che stiano per arrivare nuovi e pesanti limiti agli orari serali ed anche al numero dei tavoli e dei posti a sedere. Insomma si rischia un’ecatombe». —
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