Slittano le elezioni per 21 Comuni padovani: ecco quali sono

L’ultimo effetto del covid: nel 2020 e 2021 il voto era stato posticipato per l’emergenza.  Anziché in autunno si voterà nella primavera successiva

I sindaci: «Sei mesi in più per completare le opere avviate»

Silvia Bergamin
Ecco quali sono i Comuni padovani in cui slitta il voto
Ecco quali sono i Comuni padovani in cui slitta il voto

Con una decisione che riallinea il calendario elettorale post-pandemia, il governo ha stabilito lo slittamento di sei mesi delle elezioni comunali per i sindaci eletti nell’autunno del 2020 e del 2021.

Una misura che interessa centinaia di amministrazioni italiane, il cui mandato, prolungato, scadrà nella primavera rispettivamente del 2026 e del 2027.

La modifica, sancita da una circolare del Ministero dell’Interno, fa riferimento alla legge che disciplina il rinnovo degli organi elettivi locali: se il mandato termina nel secondo semestre dell’anno, il voto è rinviato alla primavera successiva. Nel contesto della pandemia, i turni elettorali ordinari del 2020 e 2021 – originariamente previsti in primavera – furono spostati all’autunno per l’emergenza sanitaria. Ora questo slittamento si riflette sul termine del quinquennio amministrativo.

Tra i sindaci padovani le reazioni mostrano una generale accettazione del provvedimento, spesso interpretato come un’opportunità per completare progetti avviati.

Le ragioni dello slittamento

Il rinvio elettorale, oltre a risolvere il disallineamento provocato dalla pandemia, consente una razionalizzazione dei processi. Tornare a un calendario ordinato potrebbe portare benefici economici e organizzativi, considerando i costi elevati delle consultazioni elettorali e la complessità di gestire turni elettorali scaglionati.

In provincia di Padova, il rinvio coinvolgerà complessivamente 21 Comuni: otto andranno al voto nella primavera del 2026 e 13 l’anno successivo. Il tema, tuttavia, apre anche a riflessioni sulla durata dei mandati e sulla capacità delle amministrazioni di gestire opere e piani a lungo termine.

Tra pragmatismo e ottimismo

A Campodarsego, Valter Gallo, al primo mandato, si dice favorevole: «Non si tratta di una decisione campata in aria, c’è una legge del 1991 che già trattava l’argomento. Per noi non cambia molto: il lavoro prosegue dal primo giorno fino all’ultimo. Certo, avere sei mesi in più permette di concretizzare opere pubbliche già avviate, e questo è un aspetto positivo sia per il territorio che per noi amministratori».

Diversa la prospettiva di Luca Pierobon, sindaco di Cittadella, che concluderà il suo secondo mandato nella primavera 2027: «Amministrare sei mesi in più non cambia molto, ma è corretto ristabilire la regolarità elettorale. Raggruppare le elezioni può anche ridurre i costi, che pesano sulle casse pubbliche in maniera importante. Per quanto riguarda Cittadella, abbiamo cantieri per 30 milioni di euro da avviare nei prossimi due anni. Stiamo lavorando per lasciare un’eredità significativa».

A Este, al suo primo mandato, Matteo Pajola sottolinea la continuità dell’impegno amministrativo: «Sei mesi in più non cambiano il nostro obiettivo principale, che è concludere le tante opere in corso entro i primi mesi del 2026. L’atteggiamento non cambia: continueremo a lavorare per dare ai cittadini risposte concrete». Infine, Riccardo Mortandello, sindaco di Montegrotto Terme al suo secondo mandato, vede nel provvedimento un’opportunità di pianificazione: «La proposta di far slittare di sei mesi il termine del mandato mi trova favorevole. Questo periodo ci sarà utile per pianificare nuove azioni e lasciare un Comune sempre migliore rispetto a come lo abbiamo trovato».

Un allineamento atteso

Il provvedimento trova quindi terreno fertile tra i primi cittadini, che accolgono il prolungamento come un’occasione per completare progetti e pianificare interventi futuri. Tuttavia, alcuni amministratori sottolineano l’importanza di utilizzare il tempo extra per consolidare i risultati raggiunti e consegnare ai successori amministrazioni efficienti e operative.

Se da un lato il rinvio porta vantaggi pratici, dall’altro stimola un dibattito più ampio sulla durata e la pianificazione dei mandati, un tema che potrebbe trovare ulteriore spazio nell’agenda politica dei prossimi anni.

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