Elezioni regionali Veneto, Giordani: "Neanche Sant'Antonio avrebbe battuto questo Zaia"

Il sindaco di Padova analizza i risultati del voto: il governatore vince perché non urla. La mia giunta è solida

«Neppure Sant’Antonio avrebbe vinto contro questo Zaia». Prova a cavarsela con una battuta il primo cittadino Sergio Giordani. Con il governatore appena riconfermato c’è rispetto e anche un certo feeling sul piano della concretezza. Ma il suo sostegno è andato ad Arturo Lorenzoni, compagno dei primi tre anni di amministrazione: «So cosa vuol dire portare avanti una campagna elettorale con problemi di salute. È stato bravissimo, gli va detto un grande grazie». Padova è ora una città di centrodestra? «Io continuo il mio lavoro sereno. La maggioranza è solida», risponde.

Sindaco, la città ha dato un segnale molto forte di cambiamento. Cosa ne pensa?

«Io credo che la città abbia votato una persona non un’idea politica. E questa persona si chiama Luca Zaia. Da parte mia l’ho chiamato per fargli le congratulazioni. E gli ho ricordato che ci aspetta una partita molto importante che si chiama nuovo ospedale. Spero mantenga l’impegno».

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Il presidente della regione Veneto Luca Zaia durante la trasmissione Rai "Porta a Porta" condotta da Bruno Vespa, Roma, 24 ottobre 2017. ANSA/ANGELO CARCONI


È il suo ex vicesindaco ad essere stato sconfitto. Non crede ci possano essere ripercussioni sulla sua giunta?

«Per prima cosa non ci deve essere ingenerosità verso Arturo Lorenzoni. Ha affrontato con coraggio una sfida improba. A lui va tutta la mia stima. A Padova la maggioranza è solida e lavora con impegno per portare avanti dei progetti per il bene della città. Perché è quello che fa la differenza».

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Cosa?

«L’impegno. La gente non è stupida, capisce a istinto se un amministratore agisce per il bene della propria città o per secondi fini. Viene premiato l’impegno genuino. Se c’è questo si perdonano anche gli eventuali errori».

Zaia vince perché è un amministratore concreto e non perché è della Lega?

«È evidente che esistano due diverse “leghe”: quella di Zaia e quella di Salvini. La prima vince perché pensa ad amministrare e non ad agitare paure e parlare di migranti. La seconda lo fa e infatti perde».

Una città però non è solo un insieme di marciapiedi. Non crede ci siano anche temi politici da affrontare?

«Io credo però che non servano i trucchi comunicativi. Le persone vanno rispettate per quello che chiedono».

E cosa chiedono i padovani?

«Fatti, concretezza e impegno. A partire dalle piccole cose: manutenzione, un’illuminazione che renda la città più sicura, la cura dei nostri quartieri. Senza dimenticare i grandi progetti: abbiamo avviato una rivoluzione per Padova che passa dal nuovo ospedale, alla nuova questura in via Anelli, fino al riutilizzo dell’ex Prandina e a un nuovo volto per l’area stazione. Abbiamo ancora tanto da fare».

Così tanto da occupare anche un secondo mandato? Dalla Lega oggi puntano dritti a Palazzo Moroni.

«Faccio i miei migliori auguri ai leghisti. Ci vediamo qui tra due anni. Più siamo più ci divertiamo».

Zaia non fa mistero della sua appartenenza leghista. Lei si considera ancora un civico?

«Io non ho mai fatto politica prima d’ora. Tengo insieme una coalizione che va da Rifondazione comunista a elementi anche di centrodestra. Non me ne vergogno. Sono un moderato e il mio unico obiettivo è il bene di Padova. Non mi interessano litigi o polemiche. Ho capito che vince la politica dei fatti, non dell’urlo. Questa è la chiave del successo anche di Zaia». —



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