«Ero confuso, non volevo attaccare i magistrati»

Mea culpa e tante scuse di Luca Claudio al pubblico ministero Federica Baccaglini dopo l’intervista concessa ai domiciliari che gli è costata il ritorno in carcere

ABANO TERME. «Ero in stato confusionale, emotivamente provato. Non volevo attaccare l’operato né della magistratura né delle forze dell’ordine... Non ero in me... La dichiarazione d’innocenza? Fuori luogo: ho ammesso la responsabilità dei tre principali episodi che mi sono stati contestati, per gli altri ho scelto di patteggiare per ragioni di convenienza. Nessuna volontà da parte mia di delegittimare l’autorità giudiziaria. Le parole che ho detto? Non corrispondevano ai miei pensieri».

Mea culpa e tante scuse, firmate dall’ex sindaco delle Terme Luca Claudio, dal 6 marzo scorso di nuovo dietro le sbarre all’indomani dell’intervista-fiume concessa al Mattino di Padova, nonostante le limitazioni imposte dagli arresti domiciliari. Un’intervista a tutto campo e senza freni che non si è limitata a uno sfogo sulle penose condizioni di chi vive in carcere e sulla lontananza dagli affetti familiari. Ma è andata ben oltre, irritando (non poco) le autorità.

Ore 14.30 di ieri, una stanza della casa circondariale Due Palazzi di Padova. Intorno a un tavolo da una parte il pm Federica Baccaglini, che coordina i diversi filoni dell’inchiesta sul sistema delle tangenti nei due capoluoghi termali (affiancata dal tenente colonnello Luca Lettere, comandante del Gruppo della Guardia di finanza), dall’altra parte l’ex sindaco (ora detenuto) con i difensori, il penalista Ferdinando Bonon e il professor Giovanni Caruso. Il faccia a faccia era stato sollecitato qualche giorno fa da Luca Claudio per spiegare, o in qualche modo giustificare, quell’intervista. Forse per cercare di prenderne le distanze. Il motivo è semplice: se presenterà una nuova istanza per riottenere un alleggerimento della misura cautelare (magari di nuovo gli arresti domiciliari), Claudio spera di non avere il parere contrario della procura. Ecco la scelta di giustificarsi con il pm Baccaglini che, insieme al procuratore-capo Matteo Stuccilli, aveva sollecitato il ritorno in cella per Claudio dopo lo “sfogo” sulle pagine del Mattino. Uno “sfogo” oltre le righe.

Il 3 marzo, appena ottenuta la “quasi libertà”, l’ex sindaco non si era limitato a parlare «dell’inferno dietro le sbarre». «Io sono innocente, non c’entro. Non ho fatto quello che dicono. Ma devo dimostrarlo. Bastano tre persone che dicono “sei un ladro” e diventi un ladro» aveva criticato, «Quando una cosa è costruita come fai a difenderti? Ti chiedono dov’eri nel 2008, non lo ricordi e diventa una prova contro». E ancora: «Non c’è un solo passaggio in cui si prova che io abbia preso dei soldi. Tutto ruota attorno al fatto che una persona dice: “Ho intascato denaro ma doveva essere per Luca Claudio”».

Ieri in carcere 40 minuti di pentimento. A partire dalla conferma della confessione, grazie alla quale ha ottenuto il via libera dalla procura per chiudere il conto con il patteggiamento (4 anni), rito che impone lo sconto di pena. Davanti agli inquirenti, Claudio aveva ammesso ogni responsabilità per quanto riguarda le tre principali contestazioni indicate nell’ordinanza cautelare che lo aveva spedito in carcere, la prima volta, il 23 giugno. Si tratta delle mazzette pagate dagli imprenditori P. e Guerrato (quest’ultimo per il mega-appalto sulla riqualificazione energetica), infine delle tangenti incassate dall’imprenditore lombardo Giuseppe Biava di una azienda in difficoltà economica.

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