F. S., i conti svizzeri e i soldi per la corruzione

Ndrangheta, Federico è l’erede delle attività del padre. Intercettato dice: «A me serve il cash» I finanzieri gli hanno trovato mandati di incarico per 9,2 milioni oltre frontiera
TOME AG.FOTOFILM PREGANZIOL HOTEL BOLOGNESE
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VENEZIA. Il geometra. Così lo identificavano, nelle telefonate, quando c’era bisogno di contattarlo per i bonifici delle fatture false, che arrivavano alle società riconducibili ai calabresi. Direttamente, con la cartiera Tmc o tramite la Biasion Group di Campagna Lupia.

Il geometra, F. S., amministratore di fatto della Segeco (azienda di costruzioni nel settore ferroviario) e della Segea (che gestisce anche l’albergo Palazzo Giovannelli, quattro stelle sul Canal Grande), società ereditate dal padre Luciano, morto nel 2014, e gestite insieme ai familiari.

Due società attraverso le quali, secondo l’accusa, F. S. avrebbe riciclato 1,6 milioni di euro. Fatture false, scrive il giudice Gilberto Stigliano Messuti nell’ordinanza di custodia cautelare, «per abbattere l’imposizione fiscale e, in misura maggiore, per ottenere fondi occulti da poter liberamente utilizzare anche per delitti di corruzione operando le sue imprese prevalentemente con enti pubblici». C’è un’intercettazione, nel luglio del 2015 in cui, a una riunione a Padova F. S. dice:

«A me queste operazioni servono fondamentalmente per procurare della provvista...cash...non tanto per i costi, quanto per la provvista (...) Questa è la mia esigenza». Secondo l’inchiesta FS. sapeva con chi aveva a che fare quando trattava per le fatture false. Tanto da chiedere e ottenere da Giuseppe Giglio - ’ndranghetista arrestato nell’inchiesta Aemilia, poi pentito che ha cominciato a raccontare molte cose - la costituzione di una società che non avesse sede né in Calabria né in Emilia «per non creare sospetti di mafiosità».

La società, la Tmc, fu costituita a Bassano nel Grappa. Sono decine i casi di false fatturazioni riportati nelle carte dell’inchiesta. Un esempio: nel 2012, simulando rapporti di fornitura di servizi, Biasion Group emette una falsa fattura da 24.175 euro nei confronti di Segeco, per “Lavori di spostamento rotaie e gabbie in ferro”. Da Biasion i soldi passavano alla società Immobiliare Tre, per lavori sempre fittizi, di “pittura e rasature esterne”, facendo così tornare i soldi nelle mani di una società controllata direttamente dagli ’ndranghetisti.

F. S. era già finito nei guai all’inizio del 2018 quando venne indagato nell’ambito di un’inchiesta della guardia di finanza di Mirano relativa a un giro di fatture false tra la Riviera del Brenta e il Padovano. Erano oltre 130 le persone coinvolte.

Tre anni prima, nel 2015, durante la fase delle indagini, F. S. era stato perquisito e i finanzieri gli avevano trovato 12 mandati di incarico di intestazione fiduciaria con la Fidor Spa Fiduciaria Orefici (periodo dicembre 2014- agosto 2015) attraverso i quali erano disponibili attivi alla banca privata E. De Rotschild di Lugano e la Bank Sarasin & C per oltre 9,2 milioni di euro, alcuni intestati allo stesso Federico F. S., altri agli eredi di Luciano F. S..

Fondamentali, per la ricostruzione del giro di fatture false, sono state anche le dichiarazioni del pentito Giuseppe Giglio che, interrogato, parla esplicitamente di F. S. e delle sue due società. «A Bolognino serviva un’azienda che potesse emettere delle fatture per operazioni inesistenti», ha ricostruito Giglio, «e nello stesso tempo che avesse la liquidità da poter mettere a disposizione, nel momento che portavamo la fattura da Federico c’era bisogno anche del contante». —

 

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