Fallimenti e stipendi non pagati: vertenza in crescita a Padova
La Cgil: «Colpa della bolla del Bonus 110% e del crollo delle piccole imprese». I giovani meno tutelati
Dovrebbe essere un diritto garantito dalla Costituzione, ma a Padova il numero delle cause di lavoro sembra gridare l’esatto contrario.
Il 2024 ha segnato un altro anno di crescita delle pratiche aperte nell’ufficio vertenze della Cgil, con un 4,5% in più rispetto all’anno precedente. L’aumento più significativo lo ha visto il numero di lavoratori coinvolti in crisi industriali: fallimenti, mancati pagamenti di Tfr e stipendi sono la punta dell’iceberg del problema. Edilizia, commercio e metalmeccanica sono i settori più colpiti.
«Colpa in parte della bolla del Superbonus 110%, che se da un lato gli scorsi anni ha portato all’apertura di nuove imprese, adesso si sta sgonfiando lasciando a casa moltissimi lavoratori», spiega Aldo Marturano, segretario generale della Cgil di Padova.
Recupero crediti
Un dato spia emerge sopra agli altri ed evidenzia lo stato di emergenza in cui si potrebbe trovare il mondo del lavoro anche nel corso di quest’anno.
«Le vertenze per mancati pagamenti ai lavoratori hanno visto un considerevole aumento», spiega Teodor Amarandei, responsabile dell’ufficio vertenze del sindacato, che si articola in nove sedi in tutto il territorio provinciale: Cittadella, Piazzola, Camposampiero, Piove di Sacco, Conselve, Monselice, Este, Montagnana e, naturalmente, Padova nello stabile di via Longhin.
«Dopo due mesi senza stipendio i lavoratori possono dare le dimissioni per giusta causa, noi li aiutiamo con l’attivazione del recupero del credito», spiega Amarandei. «Dall’azione dei lavoratori si può arrivare a un decreto ingiuntivo e a un pignoramenti per garantire il pagamento. Nei casi più estremi si arriva alla dichiarazione del fallimento dell’impresa stessa».
Crisi delle imprese
I dati parlano chiaro. Il numero di pratiche aperte per il recupero dei crediti nel 2023 era di 507, mentre nel 2024 sono state 620, segnando un balzo del 21%. La voce più rilevante è quella relativa ai mancati pagamenti degli stipendi, passata da 415 a 523.
Situazioni che indicano una carenza di salute delle imprese del territorio. E ulteriori dati confermano la tesi. «Le procedure concorsuali sono gli strumenti con cui si gestiscono le situazioni di crisi di un’impresa, dall’amministrazione straordinaria al fallimento», chiarisce Amarandei.
Qui è stato rilevato l’aumento più significativo, che ha visto un raddoppio dei fascicoli. Le liquidazioni giudiziali sono passate dalle 139 del 2023 alle 290 negli scorsi dodici mesi. Complessivamente le pratiche per crisi d’impresa sono balzate da 209 a 370, segnando un aumento del 77%.
Le cause principali
«Vorrei partire da una considerazione, ossia che le vertenze aperte agli sportelli della Cgil sono di fatto un osservatorio sul mondo del lavoro. E i dati che abbiamo rilevato sono la conferma di quello che avevamo previsto sarebbe successo ancora anni fa», riflette Marturano.
Il dito del segretario della Cgil è puntato verso Roma, contro la gestione del bonus edilizio: «La bolla del Superbonus 110% ha inizialmente generato posti di lavoro, spesso purtroppo in nero», osserva, «senza che ci fosse progettualità per il futuro. Quando gli incentivi sono finiti, le imprese hanno iniziato a chiudere».
Tra gli altri fattori: «La crisi industriale, a causa della diminuzione delle piccole imprese, oltre alla carenza di investimenti nella transizione tecnologica e alla costante ricerca di un lavoro sempre a più basso costo. E poi la presenza nel territorio di tante piccole imprese, più fragili nella catena degli appalti, che propendono sempre più spesso verso i fallimenti».
Il Gender gap
Il mondo del lavoro è riflesso della società in cui viviamo. E anche in questo caso la Cgil rileva un ulteriore dato significativo: le donne rappresentano solo un terzo dei lavoratori che si rivolgono all’ufficio vertenze.
«Questo succede perché spesso l’uomo si dimette per cambiare lavoro, cercando opportunità migliori», spiega il segretario generale. «Questa situazione può portarlo a dover chiedere la nostra assistenza, sia per le pratiche di dimissioni sia per usufruire di tutti i diritti permessi dal suo contratto di lavoro».
E aggiunge: «Le donne, invece, lasciano il lavoro per stare dietro alla famiglia, finendo in quella fascia di popolazione inattiva». Sempre i dati Cgil suggeriscono che le quote rosa nelle imprese del territorio trovano maggiore occupazione quando non hanno figli. Un quadro di una contemporaneità in cui l’eguaglianza tra i sessi è ancora un miraggio.
Questione giovani
«I lavoratori con meno di 40 anni rappresentano la maggioranza delle persone che si rivolgono a noi. Addirittura il 71% ha meno di 50 anni», spiega ancora Marturano. «Perché spesso i contratti più recenti hanno minori tutele. Inoltre, è sempre più diffusa la sottoinquadrazione delle nuove assunzioni, specialmente negli esercizi commerciali. Non è raro che ci siano dei ragazzi che vengono assunti come apprendisti – conclude il segretario – ma che di fatto si ritrovano a gestire degli interi locali». I dipendenti con più di 50 anni sono invece maggiormente tutelati – rileva la Cgil – e non solo hanno maggiori tutele contrattuali, ma sono anche più difficili da espellere dal mondo del lavoro. —
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