False identità, ecco come si fa a scoprirle

Studio del Bo rivela come il modo di digitare sulla tastiera del pc tradisca chi mente sui dati personali
Il professor Giuseppe Sartori
Il professor Giuseppe Sartori

PADOVA. Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei. O chi non sei. “Covert lie detection using keyborad dynamics” è lo studio che ha condotto un gruppo di ricercatori dei Dipartimenti di Psicologia e Matematica dell’Università di Padova coordinati dal professor Giuseppe Sartori e pubblicato su “Scientific Reports”. Una nuova “macchina della verità” per svelare chi si crea una falsa identità: lo studio svela come il solo modo di digitare le lettere dei dati personali sulla tastiera del pc sia in grado di rivelare se si sta scrivendo la propria identità oppure no. Il problema della verifica dell’identità è sempre più urgente.

False identità, infatti, vengono utilizzate a scopo criminale su internet ma anche nel mondo reale. I terroristi islamici, per esempio, usano passaporti falsi, senza contare che metà pianeta usa internet e naviga liberamente nel web, incrocia altri utenti, utilizza servizi on line e interagisce sui social. E di pari passo con la diffusione di internet, ne aumenta l’uso distorto: profili falsi sui social, diffusione di fake news, recensioni false e furti di identità per mettere a segno frodi e truffe on line.

La nuova “macchina della verità” messa a punto dal professor Sartori con i ricercatori Marylin Monaro, Chiara Galante e Luciano Gamberini, con la collaborazione del Security ad Privacy Research Group dell’Università di Padova diretto dal professor Mario Conti, si basa sulla scoperta che l’analisi dello schema di scrittura sulla tastiera del pc – tempi di pressione e rilascio, di schiacciamento, di scrittura e errori – effettuata mentre il soggetto risponde a domande sulla propria identità, può essere utilizzata per determinare se la risposta digitata è vera o falsa. «La keystroke dynamics – dinamica di battitura – è un indice affidabile per descrivere i processi mentali che sottostanno alla produzione di una risposta falsa sull’identità dell’individuo» sottolinea Sartori, «e l’accuratezza del risultato superra il 90%». Lo studio è durato un anno e mezzo durante il quale sono stati testati 60 soggetti in laboratorio e altri 151 on line.
 

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