Fanpage solleva lo scandalo compost: «Sesa ci ha offerto soldi per il silenzio»

ESTE. Sesa, il colosso padovano dell’asporto rifiuti con il certificato di eccellenza di don Ciotti e Legambiente, finisce al centro di un’inchiesta giornalistica di Fanpage che apre almeno tre fronti.
I TRE FRONTI
LA REPLICA
«Sesa nel 2018 è stata oggetto di 22 controlli da parte di tutti gli enti preposti e non sono state rilevate irregolarità. Se poi Fanpage trova cose in più, ci deve anche spiegare dove ha fatto le analisi e dove ha raccolto il campione».
Fabrizio Ghedin, responsabile della comunicazione di Sesa, l’impressione è che vi abbiano preso in castagna.
«Non scherziamo, le istituzioni controllano da queste parti. Non c’è un’azienda controllata come Sesa».
Arrivare a pagare per il silenzio. Come vi difendete?
«Ogni anno mettiamo a disposizione un budget per campagne di sensibilizzazione. Avevamo contattato anche Fanpage, insieme a tanti altri giornali. Loro chiedevano 100 mila euro per un servizio. Quando ci siamo resi conto che altri organi d’informazione praticavano prezzi più convenienti ci siamo rivolti altrove. Se la sono presa? Lascio alla gente ogni altra valutazione».
Da accusati vi mettete dalla parte degli accusatori. Non trova che una simile replica sia un po’ sospetta?
«O si lancia fango, o si spiega alla gente come si fa la differenziata. Abbiamo chiesto semplicemente cosa serve per lanciare una campagna su Fanpage».
Ma perché proprio Fanpage? Come mai vi siete interessati a questa testata online con sede a Napoli?
«Negli impianti Sesa giungono i rifiuti della Campania. Una delle necessità era fare sensibilizzazione là e qua. Ecco perché abbiamo contattato Fanpage. Noi abbiamo semplicemente chiesto un preventivo».
Le conversazioni registrate e riproposte nel servizio però lasciano poco spazio ai dubbi.
«Noi non abbiamo mai voluto comprare nessuno e mai avremmo pagato per controllare i servizi o per silenziare. Tutte le volte che ho parlato ho sempre detto: sia chiaro che voi scrivete ma mi fai vedere cosa avete».
Cosa significa?
«Loro chiedevano una intervista registrata. Noi eravamo disposti a darla ma volevamo vedere quali prove avevano raccolto contro di noi. Mi pare legittimo voler sapere di cosa si sta parlando».
Sì ma la frase “300 mila euro basta che non ci rompano le palle” è molto chiara.
«È stata estrapolata da un discorso più ampio. Se hai bisogno della mia intervista per legittimare il tuo lavoro devi giocare a carte scoperte e farmi vedere cos’hai».
Metalli, idrocarburi, vetro e plastica. Quella di riversare nell’ambiente un compost di questo tipo è un’accusa molto grave. Non trova?
«Le analisi le fanno gli enti preposti, non i giornalisti. Chi sa dove hanno preso quel compost? Chi certifica la terzietà di chi l’ha analizzato? Queste sono domande a cui bisognerebbe rispondere prima di gettare fango su un’azienda che fa di tutto per lavorare in modo corretto».
Ghedin veniamo a lei e a questo suo doppio ruolo: consulente del governo in carica per un sottosegretario leghista all’Ambiente e allo stesso tempo portavoce di un’azienda accusata di inquinare. Non le sembra incompatibile come posizione?
«Partiamo da un presupposto fondamentale: Sesa non inquina, lo dimostrano le carte che abbiamo: 22 controlli e nemmeno un rilievo. Il mio curriculum è pubblico e prima di iniziare a lavorare per Vannia Gava è stato esaminato in lungo e in largo. Se ci fossero state incompatibilità sarebbero state rilevate».
Dunque pensa di restare a fare ciò che fa?
«Io sono un collaboratore, se la mia presenza causa imbarazzo ci metto un secondo a togliere il disturbo. Ci tengo comunque a far presente che questi due incarichi hanno un punto comune: credere nell’economia circolare. Vengo da un settore di cui si occupano anche al Ministero. Quindi io non credo che i ruoli che ricopro siano incompatibili».

Per Legambiente, Sesa è «campione di economia circolare». L’associazione ambientalista non ha lesinato attestazioni di stima verso l’azienda partecipata di Este: negli ultimi dossier sui “Comuni Ricicloni”, Sesa è stata menzionata tra le realtà virtuose sul fronte del recupero dei rifiuti.
E oggi come si pone Legambiente di fronte a notizie come questa?
«Le menzioni erano legate al livello di innovazione impiantistica proposte da Sesa, in particolare nel recupero delle acque utilizzate nel ciclo dei rifiuti e nella produzione e utilizzo del biogas e biometano» spiega Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto «Se si parla di circolarità, non si può negare a Sesa una serie di importanti investimenti e di progressi a livello impiantistico. Basti anche solo pensare al rinnovo del parco mezzi, ormai convertiti al biometano prodotto dai rifiuti».
Continua Lazzaro: «Noi premiamo l’impianto, soprattutto a fronte di valutazioni tecniche, ma non possiamo sapere cosa si fa poi dentro a quell’impianto. Nel caso di Sesa siamo ovviamente perplessi di fronte alle ipotesi di un compost o un digestato non a norma, e auspichiamo che siano avviate subito delle indagini, a maggior ragione se si pensa che la quota maggiore della società è di un ente pubblico. Confidiamo anche che negli anni non siano mancati i controlli degli enti preposti. In caso di esiti negativi, la nostra condanna non mancherà».
Lazzaro ricorda come il mondo dei rifiuti, anche in Veneto, sia un crogiuolo di emergenze in molti settori, complici anche normative poco chiare e vuoti spesso colmati da comportamenti illeciti. (Nicola Cesaro)

Vito Crimi, sottosegretario all'Editoria in quota M5s, commenta così l'inchiesta sulla sua pagina facebook
"Quanto emerge dalla notevole inchiesta condotta da Fanpage.it sugli sversamenti di rifiuti in Veneto è da brividi. Non c'è solo un'azienda pronta ad investire 300mila euro in pubblicità in cambio del silenzio di una redazione. Ci sono i rifiuti spacciati per compost, i terreni contaminati, i cittadini e le comunità in allarme, l'ombra della criminalità organizzata e i contatti con la politica.
"E ci sono soldi. Soldi per campagne elettorali, soldi per pubblicità. Mi chiedo quante altre volte, nel nostro Paese, un'azienda abbia offerto soldi in pubblicità per silenziare un'inchiesta. O li abbia trattenuti, magari in seguito ad articoli ritenuti sgraditi. Perché in Italia, purtroppo, funziona così da tempo. La pubblicità è diventata un'arma per allineare le redazioni, o per condurle addirittura al fallimento.
"Per fortuna, davanti alle minacce o alle tentazioni c'è chi resiste, nel rispetto della completezza e indipendenza dell'informazione che si deve ai cittadini. A Fanpage va il nostro plauso per il grande lavoro svolto. Mi auguro che in seguito alle rivelazioni dell'inchiesta si possa al più presto fare luce e chiarire le varie responsabilità in questa scandalosa vicenda.
Potete guardare il servizio qui: https://youmedia.fanpage.it/video/aa/XPg4COSwuyUOfnP2
Ps: A proposito, gli investimenti in pubblicità e la raccolta pubblicitaria saranno oggetto di dibattito proprio domani, agli Stati Generali dell'Informazione e dell'Editoria. Potete seguire la diretta dell'evento su questa pagina, a partire dalle ore 9"
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