Fare il carabiniere con la pandemia a Padova. «Stiamo in strada quando tutti fuggono»

Il maresciallo Marco Astolfi della stazione di Prato della Valle racconta come cambia il “mestiere” con l’emergenza 
FERRO - CONF STAMPA CARABINIERI - MARCO ASTOLFI FERRO - CONF STAMPA CARABINIERI
FERRO - CONF STAMPA CARABINIERI - MARCO ASTOLFI FERRO - CONF STAMPA CARABINIERI

Enrico Ferro / PADOVA

Tra la gente, sempre. Con la gente, ma con le dovute cautele. Fare il carabiniere ai tempi del coronavirus è un po’ spingersi contro l’istinto di autoconservazione. Uscire in strada quando tutti si chiudono in casa, sfidare il contagio quando tutti scappano. Il carabiniere è come il comandante di una nave, l’ultimo che abbandona in caso di naufragio. Quando il comune di Vo’ era isolato e il virus si propagava tra gli abitanti c’erano i carabinieri lì, nella piazza del paese, nei quartieri, a rispondere ai cittadini in caso di bisogno. E oggi con il coprifuoco generale in tutta Italia ci sono sempre loro, fuori, a controllare che le regole vengano rispettate. «Per forza di cose bisogna un po’ limitare il contatto con la cittadinanza, che è uno degli aspetti più belli del nostro mestiere», racconta Marco Astolfi, 45 anni, maresciallo capo, vicecomandante della stazione di Prato della Valle.

Cosa significa fare il carabiniere oggi, nel bel mezzo di una pandemia?

«Principalmente organizziamo controlli in città, predisponiamo le pattuglie e fermiamo le persone che troviamo in giro. Dobbiamo capire se le motivazioni sono reali. Chi viola il decreto viene sanzionato».

Dunque l’attività è prevalentemente di controllo?

«Non solo. Siamo anche di supporto e conforto alla cittadinanza che ci cerca e ci chiede informazioni su cosa si può e cosa non si può fare».

C’è un po’ di timore a uscire quando tutti si rintanano in casa?

«La preoccupazione c’è, siamo in prima linea. Ma abbiamo le dotazioni per proteggerci e con un po’di auto tutela speriamo di farcela a superare questo momento».

È cambiato il modo di comportarsi negli interventi?

«Cerchiamo di usare la testa, di stare attenti. Abbiamo guanti in lattice e mascherine. Il comando generale dell’Arma ci ha dato una serie di indicazioni per limitare i rischi. Però è ovvio che se dobbiamo fare un intervento più fisico il rischio è maggiore. In ogni caso ora c’è il coronavirus ma il rischio di contrarre malattie c’è sempre stato. Siamo preparati anche a questo».

C’è davvero così tanta gente in giro?

«Il cittadino ha compreso abbastanza bene il problema. All’inizio c’è stato il problema di chi continuava a fare jogging, perché non si capiva la pericolosità. Ora l’informazione è passata ma servirebbe un ulteriore sforzo per ridurre ancora il numero di persone in circolazione».

Le persone cosa vi dicono? Cosa pensano?

«Nessuno si lamenta per la restrizione delle libertà, tutti sperano che finisca presto. Fanno molte domande su cosa fare o non fare. Problemi particolari non ne abbiamo incontrati. Nessuno si è ancora opposto con violenza ai controlli».

È meglio o peggio lavorare in queste condizioni?

«C’è meno gente in giro e si individua meglio chi delinque. L’altra faccia della medaglia è il timore per noi e per le nostre famiglie. Ecco, questo è un pensiero fisso: evitare di portare a casa il virus».

Lei indossa la divisa da 26 anni: questo è il momento più difficile?

«È un’emergenza che nessuno di noi ha mai affrontato, posso sicuramente annoverarlo tra uno dei periodi più difficili».

Come sono cambiate le procedure?

«All’inizio di ogni turno bisogna verificare le dotazioni, guanti e mascherine. Inoltra bisogna igienizzare l’auto di servizio. Si cerca di mantenere inalterati gli equipaggi per limitare la promiscuità».

Com’è cambiata la gamma dei reati?

«Per forza di cose i furti in abitazione sono praticamente spariti, così come i borseggi. Qualche auto scassinata, ma poca cosa».

Avete Prato della Valle davanti, qual è lo scenario nella piazza più rappresentativa della città?

«È sparito il mercato settimanale, c’è pochissima gente ma la bellezza resta». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova