Favaretti, il mago delle moto Tra i suoi clienti Galan e Conte

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ARCELLA. Tra le eccellenze dell’Arcella va annoverata anche l’officina delle moto di Roberto Favaretti, in via Tiziano Vecellio 165, aperta 50 anni fa. È l’atelier delle motociclette, diventato, nel corso degli anni, il punto di riferimento degli appassionati del settore. L’officina dove vanno ad aggiustare i propri motorini sgangherati sia gli immigrati con pochi soldi in tasca che i numerosi professionisti ed imprenditori, cultori delle moto di grossa cilindrata. Tra i clienti di Favaretti anche Antonio Conte, il papà del tram, Bruno Bandoli, dirigente dell’Istituto Oncologico, Gianni Munari, Massimo Ronconi e l’industriale cementiero Radici. Da ragazzo vi portava ad aggiustare la sua Morini 125 anche Giancarlo Galan, che abitava lì vicino.

L’artigiano dell’Arcella è anche costruttore di nuove moto, montate pezzo per pezzo con grande professionalità acquisita sul campo. La più nota è una moto bicilindrica AV 70 gradi di 250 cc. Il “principe delle moto” nasce nel 1943, a soli dieci anni va a lavorare da Bepi, un amico del padre, che, però, dopo tre anni, emigra in Australia. A questo punto Robertino va a bottega da Raise, in via Nicolò Pizzolo, all’ombra del campanile del santuario di Sant’Antonino.

Per fortuna il suo maestro torna a Padova dopo quattro anni e, quindi, Favaretti ricomincia a lavorare con lui sino a quando non gli arriva la cartolina per il servizio militare. Finita la leva, nel 1964, a soli 21 anni, apre la sua prima officina nella vicina via Viotti, finchè, nel 1973, si trasferisce in via Vecellio 165, dove ancora oggi lavora sino a 14 ore al giorno.

«Favaretti è unico in questo genere di attività» sottolinea Antonio Conte, oggi direttore d’esercizio del tram di Mestre «Ha una capacità tecnica eccezionale. Sono convinto che pensa alle moto anche di notte. Per me è il più grande esperto veneto del settore moto. Conosce a memoria tutti i pezzi di ricambio. Anche quelli più rari, che, di solito se li va a cercare nei mercatini del comparto. Quando il mio amico, Gabriele Del Torchio, oggi ad di Alitalia, era ancora alla Ducati, andammo entrambi a trovarlo, a Bologna. Erano gli anni in cui Valentino Rossi non vinceva più. Ebbene Favaretti gli disse subito, senza peli sulla lingua, che il campionissimo non poteva più essere il primo nel mondo perché il motore della Ducati 500 era troppo grosso e, quindi, bisognava modificarlo. In poche parole il meccanico dell’Arcella, che ancora oggi lavora anche sul tornio e sulla fresa, è rimasto lo stesso artigiano di sempre, ma con competenze». (f.pad.)

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