Femminicidio di Abano: «Erik ha lavorato un’ora sulla porta per inscenare il suicidio»
In aula il consulente della procura spiega le modalità operative dell’imputato. Sentiti anche l’ex medico di base dell’uomo e un’assistente sociale

Un’ora per inscenare il suicidio della moglie. E nascondere l’orrore di un assassinio che ha provocato nella vittima oltre dieci minuti di agonia lenta e dolorosissima. È quanto emerso nell’udienza del processo a carico di Erik Zorzi, il camionista 43enne di Abano chiamato a rispondere dell’omicidio della moglie Nicoleta Rotaru, trovata senza vita nel box doccia del suo appartamento a Monteorione di Abano in via Rocca Pendice la notte del 2 agosto 2023.
Un’udienza che si è svolta mercoledì 16 aprile davanti alla Corte d’assise di Padova presieduta dalla giudice Domenica Gambardella. Sul banco dei testimoni – chiamati dalla pubblica accusa rappresentata dai pm Maria D’Arpa e Marco Brusegan – l’ingegnere Carmelo Motta, il consulente della procura che ha ricostruito i movimenti e le azioni messe a punto dall’imputato per simulare che la moglie si sia chiusa dentro la stanza da bagno dall’interno. Obiettivo: accreditare l’ipotesi del suicidio.
E questo grazie a due elementi: da una parte lo studio della porta di accesso al bagno, dall’altra il file audio che registra la tragedia avvenuta quella notte, registrato dalla stessa vittima tramite un’app del suo cellulare. App che utilizzava spesso, temendo di finire ammazzata dal marito.
«Alle 4.44 per me Rotaru è viva... si sente un gemito, seguito un minuto più tardi da un altro gemito, l’ultimo» ha avvertito il tecnico.
Poi due tonfi in rapidissima sequenza, i piedi di Nicoleta che cadono dal letto e subito il rumore del trascinamento del corpo per sette metri in 13 secondi. Quindi si avverte lo sfrigolio di una carta vetrata: Erik inizia a lavorare per 26 minuti tra smontaggi e rimontaggi nel tentativo di capire come fare a chiudere la porta dall’esterno. E di trovare la soluzione giusta dopo aver posizionato il corpo della consorte sul piatto della doccia con una cintura intorno al collo come se si fosse impiccata.
«A mio avviso è stato usato un cordino per la chiusura della porta e le tracce su di essa come le fresature lo dimostrano. Rumori di fresatura trovano riscontro sulle tre fresature della spalla della porta» ha evidenziato l’esperto, «Sarebbero servite a riaprire la porta, il che mi ha fatto pensare che sarebbe successo qualcosa, qualche errore da correggere, da qui la necessità di riaprire e rientrare in bagno».
Chissà: forse Erik aveva dimenticato qualcosa di compromettente o di fare qualcosa di indispensabile per far sospettare un suicidio. Il consulente ha registrato «quindici movimenti della porta tra le 4.44 e le 5.44 con quelli del chiavistello. L’ultimo rumore della porta alle 5.44 con un vibrato di chiusura dall’esterno con il filo. Un vibrato identico a quello riprodotto in prova durante il sopralluogo».
Poi rumori di scatole e buste nonché di cigolii del letto, di ante e cassetti. Alle 6.38 suona la sveglia sul cellulare di Nicoleta ed Erik chiama il 118 lamentando che la moglie, chiusa in bagno, non darebbe segni di vita.
È stato poi sentito il dottor Antonio Spadati, medico di base dell’imputato dal 1998 al 2003: «Nel 2002 gli era stata diagnosticata una psicosi depressiva, avrebbe dovuto rivolgersi al Centro di igiene mentale ma non ho mai avuto risposte... Non ho rilevato anomalie nel suo comportamento, gli prescrissi qualche volta degli ansiolitici».
Infine un’assistente sociale del Comune di Abano ha spiegato che i Servizi entrarono in contatto con la famiglia dopo una segnalazione dei carabinieri in seguito all’intervento del giugno 2022: «Sapevamo che era una coppia che litigava... Nell’ aprile 2023 una delle bambine venne da noi piangendo dopo una lite tra la mamma e la nonna». Di nuovo in aula il 6 maggio.
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