Fidejussione errata, danno da 285 mila euro a Monselice. A pagarli segretario e dirigente comunale
MONSELICE. L’impresa di costruzioni ottiene un terreno dal Comune e in cambio promette, con una convenzione, la realizzazione di tre appartamenti e la cessione degli stessi all’ente comunale. L’impresa va però in liquidazione, gli appartamenti non vengono realizzati e il Comune resta a mani vuote.
Già, perché la fidejussione è nata “monca”, non sufficiente a garantire quanto dovuto al Comune. Colpa di chi? Dell’allora segretario generale Ornella Cavallin e del dirigente dell’ufficio tecnico pro tempore Mario Raniolo, almeno secondo la Corte dei Conti, che ha condannato la coppia al pagamento di 284.946 euro, ossia quanto il Comune ha perso per colpa della negligenza dei due dirigenti. La sentenza è stata pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per il Veneto presieduta da Carlo Greco.
IL FATTO
Nel febbraio 2011 viene sottoscritta una convenzione tra la Costruzioni Generali Monselice srl (Cgm) e il Comune di Monselice nell’ambito del cosiddetto “Piruea” di via San Giacomo: un piano che comprendeva la realizzazione di tre palazzine, una da dodici appartamenti per l’Ater, una in parte privata e in parte, per tre appartamenti, di proprietà comunale, e infine un terzo edificio tutto privato.
La Cgm srl prometteva di cedere in permuta al Comune appunto tre appartamenti di 386 metri quadri e 941 metri cubi, per un valore di circa 285.000 euro. Questo a fronte di una cessione di terreno effettuata dal Comune alla società stessa: 700 metri quadri di superficie, con l’aggiunta di una capacità edificatoria di 800 metri cubi in altri terreni di proprietà comunale.
Qualche tempo dopo, però, la Cgm srl accusa seri problemi (va in liquidazione e diventa anche incapiente) e al suo posto subentra un’altra ditta, la Belvedere spa di Loreggia, che tuttavia ha in capo solo la realizzazione dei dodici alloggi Ater e su cui il Comune non può rivalersi per gli altri tre da annettere al proprio patrimonio.
Il Comune allora prova a ottenere l’annullamento della convenzione stipulata con Cgm, vanamente. Anzi, emerge che la costruzione dei tre appartamenti non è mai stata garantita con una fidejussione.
La fidejussione stipulata all’epoca, infatti, garantiva solo la realizzazione degli oneri di urbanizzazione, ma non dei tre appartamenti, che dovevano essere destinati all’edilizia popolare e che non hanno visto mai la luce. Morale della favola? Il Comune ha visto volare in fumo tre immobili del valore di 284.946 euro.
LE RESPONSABILITA’
Nei guai finiscono soprattutto l’allora segretario generale Ornella Cavallin, 67 anni di Padova, e il dirigente dell’ufficio tecnico Mario Raniolo, 68 anni di Monselice. Il 14 giugno 2012 è infatti Raniolo ad approvare lo schema di contratto denominato «permuta di cosa presente (i terreni e la capacità edificatori che il Comune si era impegnato a trasferire alla ditta, ndr) con cosa futura (gli appartamenti ancora da realizzare e che la ditta si era impegnata a trasferire al Comune entro e non oltre tre anni dall’avvio dei lavori, ndr)».
A garanzia del corretto adempimento degli obblighi assunti dalla Cgm, nello schema viene richiamata una polizza fidejussoria del febbraio 2011, già però precedentemente rilasciata a garanzia della realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte di Cgm.
Le opere di urbanizzazione sono, ad esempio, marciapiedi, parcheggi, punti luce, sottoservizi funzionali alla vivibilità di un lotto.
Quando il Tribunale accerta che quella fidejussione non copriva anche la realizzazione dei tre alloggi, il Comune decide di non impugnare la decisione – è l’agosto 2017 – ma di accertare le responsabilità dei dipendenti che hanno redatto gli atti “monchi”.
La responsabilità viene estesa anche alla Cavallin che, in qualità di segretario comunale, aveva l’obbligo di prestare assistenza sotto il profilo giudirico-amministrativo nell’adozione degli atti del consiglio comunale e, comunque, perché ha reso il parere di conformità normativa alla delibera del consiglio che approvava lo schema di convenzione urbanistica. Quello con la fidejussione sbagliata.
LA SENTENZA.
A detta della Corte dei Conti, il controllo dell’atto in questione – e quindi la validità della fidejussione – «è una responsabilità esclusiva propria della funzione dirigenziale».
E ancora, «l’evidente superficialità con cui i convenuti, ciascuno in relazione alla propria funzione, hanno esaminato il testo dell’atto di permuta predisposto dal notaio appare una carenza inescusabile, frutto di gravissima negligenza, tanto più evidente se si considera che il testo della fidejussione avrebbe dovuto essere acquisito ed esaminato al fine di controllarne l’idoneità di contenuti».
La Corte dei Conti parla di «inescusabile spregio dell’obbligo di porre in essere ogni e qualsiasi attività volta a preservare l’integrità del patrimonio dell’ente».
Raniolo e Cavallin, ancora secondo i giudici, si sarebbero dovuti accorgere della carenza della fidejussione visto che «presentava ampi margini di incertezza», tra cui un riferimento a una polizza di un anno prima e un importo diverso rispetto al valore dei beni oggetto di permuta (infatti era riferita alle opere di urbanizzazione).
Da qui la condanna ai due a pagare la somma di 284.946 euro – il valore dei tra appartamenti “fumati” – per il 30% a carico di Cavallin e per il 70% a carico di Raniolo, oltre agli interessi e alle spese legali.
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