Fitness, yoga e pilates ora piacciono di più in videocollegamento E i corsi sono deserti

nuove tendenze
Atleti da fase uno. Chiusi in casa, per prudenza e per comodità. Un tappetino in salotto, la doccia a pochi passi, zero stress per il traffico e per il parcheggio. Nel lockdown hanno scoperto il piacere di allenarsi con l’istruttore in video e ora non vogliono più rinunciarci. Così le palestre riaperte, e costantemente sanificate - con tutte le spese che questo comporta - restano vuote. E i conti non tornano più.
un settore in apnea
Tra la città e la provincia il settore conta circa 70 aziende che muovono un indotto economico - solo con gli abbonamenti e le quote associative - di 50 milioni di euro (20 miliardi a livello nazionale) e 100 mila persone che vi gravitano intorno ogni anno. Senza contare i personal trainer che lavorano individualmente e il mondo dei gruppi parrocchiali. «Il lockdown ha causato danni da 150 mila euro al mese», attacca Sandro Cucuccio, referente palestre dell’Ascom. «Le stime dicono il 70% delle attività non riapriranno o chiuderanno. Lo scopriremo a settembre». Per ora tutti i segnali sono negativi: «Siamo al 30-40% degli accessi con incassi ridotti al 20% circa. Se l’anno scorso ad aprile una palestra aveva incassato 100 mila euro, quest’anno si è fermata a 25 e lo Stato al massimo ne aggiunge 15 mila. In più la gente ha paura e prende tempo, per capire se ci sarà o no una fase due. È come se avessimo aperto una nuova azienda senza sapere cosa stiamo facendo e soprattutto come reagirà l’utenza. Temiamo che fra posti di lavoro persi e cassa integrazione, circolerà poco denaro e la palestra sarà una delle prime voci da tagliare. Per ora chi regge lo fa grazie agli under 30 che sono meno preoccupati».
on line piace
Però i corsi in videocollegamento hanno aperto un filone tutto da esplorare. Tant’è che, superate la fase uno e anche la due, la gente continua a chiedere di fare allenamento davanti a uno schermo. «Andiamo avanti per esplorare questo nuovo mondo», insiste Cucuccio. «Ma a lungo andare non sarà una scelta vincente perché l'obiettivo è portare la gente in palestra».
i corsi deserti
Alcentro Danza&Fitness Tito Livio, nell’omonima riviera, stanno sperimentando gli effetti di questa nuova tendenza. «È come se fossimo rimasti alla fase uno», racconta Ambra Tesolin, la titolare. «Siamo partiti subito, una settimana dopo il lockdown, con le lezioni su Zoom, che sono state accolte con grande entusiasmo». Così grande che ora quasi nessuno vuole rinunciarci. «Un po’ per pigrizia e un po’ per prudenza, tanti vogliono andare avanti così». I numeri dei corsi lo confermano. Per il fitness c’era un bel gruppo di 150 persone, ora in palestra sono tornate solo 15. Per il corso di danza è lo stesso, con presenze al 10% del numero totale di iscritti. E il danno è multiplo. «Intanto noi teniamo aperta la palestra per pochi, ma con spese più alte di prima, perché abbiamo una serie di nuove incombenze, a cominciare dalla sanificazione. E poi perché altri vorrebbero iscriversi, vengono a fare la prova ma si trovano con due o tre persone e rinunciano. Abbiamo, incredibilmente, più personale che persone presenti per i corsi», va avanti Ambra Tesolin. «Vince la paura della seconda ondata di virus. Ed è comprensibile, la temiamo anche noi. Al prossimo stop, riaprire sarà davvero dura». —
cric
e.sci.
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