Forcellini, sarà abbattuta una palazzina del primo ’900. Autizi: «Così si distrugge l’identità della città»
Lo sfogo della critica d’arte diventa virale sui social: «Gli edifici storici andrebbero tutelati di più»
![La palazzina di Forcellini che sarà abbattuta](https://images.mattinopadova.it/view/acePublic/alias/contentid/1h2st8cwfklk81ij4hs/0/whatsappimage2025-02-06at152014.webp?f=16%3A9&w=840)
Nel 1926 con le leggi fascistissime il regime di Benito Mussolini aboliva la democrazia. A Padova, all’epoca importante centro agricolo e commerciale, Francesco Giusti del Giardino – dopo aver creato la Miari & Giusti, prima casa automobilistica d’Italia – assumeva il ruolo di podestà.
E in via Forcellini, poco lontano dall’incrocio con via Facciolati, veniva costruita un’elegante villetta con uno stile che dal liberty iniziava a virare verso il razionalismo.
Un secolo dopo quell’edificio sta per essere abbattuto, sacrificato alla nuova edilizia speculativa, con l’aggiunta di nuova cubatura permessa dal piano casa permanente voluto dalla Regione. Eppure il post sui social di Maria Beatrice Autizi, docente, critica d’arte e autrice, ha l’effetto di una valanga che prende forza man mano che si propaga.
«Dovrebbe esserci una tutela maggiore per questi edifici che segnano l’identità culturale di un quartiere – chiarisce Autizi – Come si difende l’identità di una città come Padova, così ricca di cultura?».
La sfida della tutela
Non è il primo, né sarà l’ultimo edificio storico che verrà abbattuto.
«Padova ha già perso gran parte del suo patrimonio liberty, ma davvero penso che dobbiamo interrogarci – prosegue la docente – Andrebbe lanciata una sfida agli architetti: inventarsi un nuovo modo di recuperare questi spazi, secondo le esigenze del contemporaneo, ma rispettando il passato».
L’esempio può arrivare da una cittadina belga che ha la metà degli abitanti di Padova: Lovanio, non distante da Bruxelles. Qui parecchi edifici sono stati svuotati all’interno tenendo però in piedi le facciate: «Certo si crea un falso, ma è sempre meglio che distruggere tutto», ragiona Autizi, che è sorpresa del clamore suscitato dal suo sfogo, ma ne comprende l’origine: «C’è una sorta di dolore silenzioso che accompagna queste distruzioni, perché Padova è una città che è molto legata al proprio passato. Questi edifici ci raccontano la storia di un periodo della città, sono importanti per coltivare la memoria».
Cosa si è perso e cosa no
Sulla tutela degli edifici storici può intervenire la Soprintendenza – come ha fatto per la «stecca» liberty delle palazzine di piazzale Boschetti – oppure anche il Comune, che nel febbraio 2019 ha approvato una specifica tutela per una trentina di edifici moderni situati all’interno del perimetro delle mura cinquecentesche: costruzioni posteriori al 1936, ma ritenute di pregio architettonico per la città.
![Casa Cresci](https://images.mattinopadova.it/view/acePublic/alias/contentid/1h2so9h465g0dpofv38/0/onecms_3c0ce134-b10b-4af3-a5a3-d160b7eb985c.webp)
Nei quartieri fuori le Mura però la tutela sembra affievolirsi. E i casi di distruzioni selvagge non mancano. È accaduto con Casa Cresti, alla Mandria: era un’abitazione di pregio dallo stile moderno e dalle linee definite, realizzato in calcestruzzo nel 1965 dagli architetti Camillo Bianchi e Antonio Zambusi, per il fisico e rettore del Bo Marcello Cresti.
![Il magazzino Mangiarotti](https://images.mattinopadova.it/view/acePublic/alias/contentid/1h2so9sexltyuco7r0b/0/onecms_7c90158c-41be-449d-870a-336b3d234841.webp)
È stata sacrificata per far spazio a un condominio. E ancora il magazzino dei materiali ferrosi di Mangiarotti e Morassutti, che sorgeva in via Venezia dove oggi si trova il Centro Giotto: esempio di edificio industriale in stile modernista. Oppure la palazzina razionalista di Mansutti e Miozzo in riviera del Carmine, zona Conciapelli. Piccoli stralci di città cancellati assieme al carico di memoria che si portavano dietro.
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