Fuorilegge su due ruote, ecco le gang paramilitari di bikers

PADOVA. Lo "scontro", poco più di due mesi fa, in un paese del piacentino, tra alcuni motociclisti e un gruppo “rivale”, per un problema di “sconfinamento” territoriale, l'arresto, agli inizi dell'anno, a Massa Carrara, di un motociclista dei “Mongol” per detenzione illegale di armi e la denuncia, per rapina e lesioni gravi, di una trentina di motociclisti toscani dei Golden Drakes, offrono lo spunto per dare qualche informazione di dettaglio su di un fenomeno, quello dei “bikers”, meritevole di attenzione. Sono numerosi infatti gli episodi di violenza tra bande di motociclisti verificatisi negli ultimi anni anche nel nostro paese e il Motor Bike Expo di Verona del 18 gennaio potrebbe essere l'occasione per ulteriori, intollerabili episodi di violenza.
Nel panorama delle bande di motociclisti gli Hell’s Angels (H.A.) rappresentano un gruppo molto “effervescente”e violento. Già a gennaio del 2009, a Verona, in occasione della prima rassegna del “Motor bike expo show”, un centinaio di loro si erano scontrati con il gruppo rivale degli Outlaws, con il bilancio finale di una ventina di feriti tra le forze di polizia ( impossibile contare i loro, in quanto si sentono dei Rambo e non si fanno medicare negli ospedali pubblici). Ventiquattro le ordinanze di custodia in carcere, notificate alcuni mesi dopo ad altrettanti affiliati ai gruppi degli H.A. di Milano, Cuneo, Pavia, Treviso, Padova, Massa Carrara e Roma. I nomignoli degli arrestati esprimevano bene le loro “capacità offensive”: Attila, Turbo, Cinghiale, Hulk, Cochise,Checco.
Al di là dell'aspetto per così dire folcloristico, le bande di motociclisti fuorilegge rappresentano un problema non solo in Italia ma anche in Canada, Danimarca, Germania, Finlandia, Olanda. Sono un fenomeno in espansione nel nostro paese e stanno assumendo sempre più le caratteristiche strutturali della criminalità organizzata. Sono, intanto, considerate “associazioni criminali” da tutti i servizi di polizia del mondo; hanno una struttura gerarchica verticistica, quasi militare. Usano generalmente moto Harley Davidson e indossano capi di abbigliamento caratterizzanti, con giubbotti “colorati” che indicano la loro appartenenza al gruppo (una specie di divisa); organizzano il medesimo genere di eventi (corse, sfilate, raduni con esibizione di tatuaggi ecc…), si sottopongono a severi controlli interni e ad una disciplina altrettanto rigorosa; operano in settori legali e illegali (spaccio di droghe e sfruttamento della prostituzione) e fanno ricorso alla violenza e a sistemi intimidatori.
La cellula organizzativa di base è il “chapter”. Si tratta di una “filiale”, composta da un minimo di sei persone e con un'area territoriale ben delimitata (città o regione) in cui è operativa. L'articolazione interna di una “filiale” è verticale, con un “presidente”, un vice, un segretario tesoriere ( assume la responsabilità delle finanze che sono alimentate dai versamenti delle quote associative, redige, di norma, i verbali delle riunioni del chapter). L'ordine e la disciplina del. gruppo sono affidate al “castigatore” (sergent at arms) che pianifica anche le azioni contro le bande di motociclisti rivali. Al “Road Captain” è affidata la gestione della logistica e delle corse motociclistiche.
Seguono i “full members” (o fratelli) tenuti al versamento di quote (mensili o annuali) per sostenere il gruppo, i “prospect” che sono le “matricole”, aspiranti a diventare “member” ( lo saranno soltanto dopo un periodo di prova di circa sei mesi e dopo aver dato prova di fedeltà e obbedienza, anche commettendo reati). In fondo alla scala gerarchica si collocano gli “hangaround” (candidati da “esaminare” e normalmente destinati a compiti secondari) e, infine, i “sostenitori”.
Tutti gli appartenenti ai gruppi di motociclisti debbono, ovviamente, possedere una motocicletta (generalmente una HarleyDavidson). Anche per queste “associazioni” il comune “patrimonio culturale” è assicurato da simboli, riti, un linguaggio specifico. Attraverso i “chiodi” (giubbotti in pelle), i colori del logo (top racker), si risale al gruppo di appartenenza e al chapter. Sul retro del giubbotto si possono notare altri adesivi che danno indicazioni sul ruolo all'interno della banda. I motociclisti fuorilegge sono chiamati anche “unpercentisti” (ed in questo caso portano un adesivo sul giubbotto) a testimoniare che fanno parte dell'1% dei motociclisti che non rispettano le leggi e le regole sociali in generale.
Da almeno tredici anni è presente in Italia il “chapter” dei Bandidos, gruppo di bikers dissidenti nato dagli H.A. Analoga la struttura gerarchica e i ruoli, mentre il logo è rappresentato da un messicano con sombrero che impugna una pistola ed un machete. Il gilet, in pelle o jeans, con il simbolo “fat mexican” contraddistingue i membri della banda. Sulla parte anteriore del gilet possono essere applicati distintivi vari, accessori metallici ed altro.
I Bandidos, presenti e particolarmente attivi nel nord Europa, hanno quattro chapter in Italia e precisamente a Lana (BZ), Modena, Firenze e Messina. Il controllo del territorio ed il traffico di droghe rappresentano le attività primarie. Simpatizzanti dei Bandidos sono anche altri gruppi come gli Outlaws, presenti a Brescia, Verona e Vicenza, gli Iron Horses (Treviso e Vicenza), i Falchi e i Thunder Tribe South Italy (Ragusa). Nell'area associativa vicina agli H.A troviamo, di contro, una serie di sodalizi diffusi sul territorio nazionale tra i quali Celtic Roads (Aosta), gli Hurricanes (Novara e Verbano Cusio Ossola), i Demon Eyes (Genova e La Spezia), i Lupi di Monteluco (Perugia), i Briganti (Frosinone e Catania), gli Stone Club (Cuneo), i Plutos (Pordenone), solo per citarne alcuni. Ci sono, infine, alcuni gruppi di area “indipendentista” come i Born to be Wild (Vicenza), i Road Rivers (Udine), i Black Devil (Bologna), gli Armed Forces MC (Pisa e Livorno), i Golden Drakes (Lucca), i Blue Knigts MC Italy(Verona).
Un quadro, insomma, decisamente fosco che ha indotto gli organismi di sicurezza ad una attenzione speciale al punto che, ormai da alcuni anni, in ambito europeo, la “mappatura” del fenomeno è affidata ad Europol mentre, in Italia, la Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento di Pubblica Sicurezza vi sta dedicando ulteriori risorse.
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