Furioso rogo alla Elbi, l’incubo dei veleni

A fuoco la copertura fotovoltaica di un capannone dell’azienda di termoidraulica e materiali plastici, non si registrano feriti
POLETTO-FOTOPIRAN-LIMENA-INCENDIO DITTA ELBI
POLETTO-FOTOPIRAN-LIMENA-INCENDIO DITTA ELBI

LIMENA. Un incendio scaturito dai pannelli fotovoltaici sul tetto di uno dei capannoni ha causato un vasto incendio e moltissimi danni ieri pomeriggio alla ditta Elbi, di Limena. Per precauzione tutti i quasi 150 dipendenti sono stati fatti evacuare e allontanare, mentre il sindaco Giuseppe Costa ha invitato i residenti del quartiere a rimanere in casa con le finestre chiuse. Stesso dicasi per la scuola elementare Manzoni. Dopo due ore, otto mezzi dei vigili del fuoco hanno avuto la meglio sulle fiamme, che hanno dato vita ad una alta e densa colonna di fumo nero, visibile a parecchi chilometri di distanza. Si è vista chiaramente a Padova e fino a Rubano e Saccolongo. Arpav è intervenuta immediatamente per monitorare la presenza di eventuali sostanze nocive: l’allerta per il possibile pericolo per la salute è rientrata dopo un paio d’ore. Difficile dire a quanto ammontino i danni e quando potrà ripartire la produzione, che probabilmente subirà un lungo stop, proprio in un momento in cui c’erano numerose commesse da consegnare.

L’incendio. Erano da poco passate le 14 quando alcuni dipendenti hanno notato il fumo provenire dal tetto di uno dei capannoni della grande azienda di termoidraulica e materiali plastici, che ha sede in via Buccia 9 a Limena, all’uscita della tangenziale che porta verso Piazzola. «Quando abbiamo visto il fumo abbiamo detto a tutti di uscire» racconta un dipendente, «e abbiamo chiamato i soccorsi. Nessuno si è ferito e non sono stati intaccati né i bidoni per la raccolta dei rifiuti già realizzati in quel capannone e nemmeno la materia prima per costruirli. A bruciare è stato soltanto il tetto ricoperto da pannelli fotovoltaici». Da una prima indagine svolta dai vigili del fuoco pare che all’origine dell’incendio ci sia stato un malfunzionamento proprio all’impianto solare, le cui guarnizioni in materiale gommoso hanno reso molto scuro il fumo salito per centinaia di metri nel cielo. Per domare le fiamme è stato necessario far intervenire otto automezzi dei vigili del fuoco provenienti da Padova, Abano, Cittadella e Vicenza. Alle 16 le fiamme erano state spente, ma i pompieri hanno continuato a rimanere alla Elbi a scongiurare la ripresa dei focolai. Toccherà sempre a loro stabilire se la struttura del grande capannone sia ancora agibile e quando i dipendenti potranno tornare a lavorare.

L’allarme salute. Alle prime avvisaglie della grande colonna di fumo, sui social sono iniziati a comparire post, per lo più allarmati per il possibile pericolo per la salute. La Elbi produce articoli termoidraulici, ma nella Divisione Ambiente, nel capannone incendiatosi, si realizzano i bidoni per la raccolta dei rifiuti, vasi da fiori e oggetti di design, tutto in materiale plastico. «Per precauzione ho fatto diramare sui social e di casa in casa tramite la polizia locale e la protezione civile un appello ai cittadini a rimanere dentro le abitazioni e a tenere chiuse le finestre» ha precisato il sindaco Giuseppe Costa, recatosi personalmente a seguire le operazioni di spegnimento. I post hanno raggiunto anche i sindaci dei Comuni vicini (come Vigodarzere e Villafranca), che hanno chiesto se fosse necessario anche per il loro territorio applicare le medesime precauzioni. In realtà la colonna di fumo si era spinta verso l’alto, rimanendo abbastanza circoscritta.

I controlli di Arpav. «Arpav ha misurato le ricadute di polveri e fumo all’interno del quartiere Arcobaleno» ha dichiarato l’assessore all’Ambiente, Maurizio Martinello, «chiedendo poi all’azienda di bloccare le condotte interne, così da evitare che i materiali di spegnimento finissero dentro il corso d’acqua Porretta che corre davanti. Dai primi accertamenti Arpav non ha ritenuto ci fossero pericoli per la salute».

I danni. Impossibile ieri pomeriggio quantificare i danni causati dal fuoco e dalle operazioni di spegnimento. Il titolare Michele Brustio ha preferito non rilasciare dichiarazioni prima che Arpav e vigili del fuoco finiscano gli accertamenti. Non si conosce nemmeno quando possa riprendere l’attività lavorativa per i 145 dipendenti.

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