Gaetano Curreri: «30 anni di Stadio Li festeggiamo cantando con i fan»

MESTRE. Trent’anni sono passati veramente, e ne è passata di storia in quel pentagramma straordinario che è la vita. Ma le canzoni no, non se ne sono accorte: a risentirle adesso, quelle degli inizi, sembrano scritte ieri. Lo scorrere del tempo non incrina la vera musica. Eppure sì: il nuovo tour degli Stadio si chiama “I nostri 30 anni”, così come l’album di fresca uscita. Saranno a Mestre, al teatro Toniolo (con inizio alle 21) domenica sera; a Conegliano, il 6 aprile, per l’ultima data.
Gaetano Curreri, che della band è la voce e il frontman, racconta questo doppio viaggio: negli anni e attraverso l’Italia per condividere ancora una volta con i fan la gioia delle canzoni.
Buon compleanno, Stadio. È un tour o è una festa?
«È stata una festa in particolare nelle prima due date, a Roma e a Bologna, dove abbiamo portato un Friendly Gala, e gli amici c’erano davvero tutti. Verdone, Morandi, Carboni, Ron, Max Giusti, Sergio Sgrilli, Fabrizio Moro, Noemi. Poi è partito il tour».
In Veneto vi vedremo in due occasioni: a Mestre in teatro, a Conegliano al palazzetto. Saranno concerti diversi?
«Sono diverse le atmosfere, quella in teatro è più acustica, e in ambienti più ristretti è un po’ come giocare a calcio in un campetto, quando senti perfino il respiro del pubblico. La scaletta di solito è la stessa, ma in questo caso possiamo anche pensare a qualche sorpresa. Trent’anni di repertorio ci danno possibilità di scelta».
Nella prima data, eravate accompagnati da un’orchestra sinfonica.
«Sì. Non avevamo l’intenzione di fare tutto il tour con l’orchestra, ma è stato molto bello preparare quel concerto, e interessante misurare la nostra musica con il rigore dell’orchestra».
Chi erano gli Stadio prima degli Stadio?
«Eravamo tutti musicisti, suonavamo nei gruppi, nei locali. A Padova per esempio c’era il Tuca Tuca, io ci ho suonato. Poi una sera c’era Lucio Dalla ad ascoltare. Mi ha proposto un progetto: mi sono sentito come un calciatore dei dilettanti che arriva in un club di serie A. Sono nati gli Stadio»
E in serie A ci siete rimasti.
«Il tempo è passato ma la nostra musica c’è. Raccontiamo a volte storie di persone, legate all’attualità. Penso alla canzone su Marco Pantani, ma le nostre sono soprattutto ballate d’amore. Credo che le canzoni d’amore degli Stadio siano le più originali, con la canzone d’amore abbiamo un legame molto forte».
Lei che ha firmato alcune tra le più belle canzoni italiane di sempre, e basti citare “Chiedi chi erano i Beatles” o “E dimmi che non vuoi morire”, ha appena firmato una canzone bella, ma anche molto significativa, “L’uomo più semplice”, il ritorno di Vasco Rossi.
«Il legame con Vasco è alle origini della mia storia, scrivevo già per lui quando ho incontrato Lucio. Ma questa canzone è importante: tutti mi chiedevano come sta Vasco, ma torna, quando torna. Questo è il modo più bello per dire a tutti che Vasco sta bene, che il periodo della malattia è finito».
È quasi tempo di Sanremo e voi non ci sarete: ricordi belli e meno belli, immagino.
«Tutti bellissimi, invece. A Sanremo anche arrivare ultimi è bello. Quest’anno sono molto curioso: ci sono bravi musicisti. Prendi Marta sui tubi: mi piacciono molto, sono felice che abbiano modo di farsi conoscere. E poi non scherziamo, il direttore è Mauro Pagani, il Peter Gabriel italiano».
E Chiara Galiazzo?
«È molto brava. Ma come tutti gli interpreti, deve trovare bravi autori».
Trent’anni alle spalle. E all’orizzonte?
«Ho suonato in due concerti con Paolo Fresu: a percorrere i sentieri di quella musica fai più fatica, ma ti fa anche capire delle cose. Mi piace sperimentare, mi piace la contaminazione».
Le piacciono anche, dalle collaborazioni che vediamo, giovani di grande talento.
«Noemi, Fabrizio Moro. Lei una gran voce, carattere; lui figlio perfetto della grande trazione di cantautorato italiano. E mi piacerebbe fare qualcosa con Daniele Silvestri. Trent’anni: ma domani mattina io ricomincio».
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