Geometrie a San Marco Quel pavimento è un caleidoscopio

Duemila metri quadrati composti e decorati nei secoli con ottanta tipi di marmo: ora c’è una carta d’identità

VENEZIA. Un’opera d’arte unica al mondo. Ottanta tipi di marmi diversi, mosaici raffinati con le minuscole tessere marmoree dell’Opus sectile. Il pavimento della Basilica di San Marco è un grande capolavoro frutto del lavoro di secoli. Disegno originale, che risale all’XI secolo. Parti restaurate più volte. tanto che oggi soltanto il 20 per cento degli oltre duemila metri quadrati del pavimento sono originali. Un fascino immutato, oggetto di culto e venerazione, ma anche di studio e passione da parte di architetti e grandi scrittori come Ruskin e Proust. Adesso, per la prima volta, il pavimento di San Marco si può conoscere nei dettagli. Scoprirne gli aspetti di raffinata geometria, i colori e le pietre di grande bellezza. Carlo Monti e Luigi Fregonese, del Politecnico di Milano, hanno realizzato i rilievi fotogrammetrici necessari alla riproduzione in 3D del pavimento. Una pianta ad altissima risoluzione, che un secolo dopo i disegni dell’Ongania rappresenta una vera pietra miliare nello studio della storia dei pavimenti marciani. Volume edito per la serie dei Quaderni speciali della Procuratoria di San Marco, presentato ieri a Sant’Apollonia. Un lavoro prezioso, che raccoglie studi durati molti anni ad opera di Lorenzo Lazzarini, professore Iuav tra i massimi esperti in Europa nello studio della pietra. Lazzarini ha catalogato uno a uno gli 80 tipi di pietra utilizzati nei secoli dagli artigiani della Basilica, risalendo anche alla loro provenienza e alle cave originarie. Ecco allora i colori dei porfidi rossi e del marmi serpentini verdi, il granito e il Cipollino rosso e giallo, la Breccia verde, il Broccatello, il Nassio Pentelico e il marmo di Aquitania. Tre le fasi della costruzione del pavimento, documentate nei dettagli dallo studio di Lazzarini. La prima, dell’XI secolo, con largo uso di specie lapidee romane derivanti dalle vicine Altinum, Patavium, Aquileia. La seconda, più tarda, con la costruzione del pavimento della navata centrale e marmi prelevati in gran parte nell’isola di Marmara. La terza con gli influssi umanistici e rinascimentali (Paolo Uccello, autore nel 1425 del tratto sotto la volta nord, nella cupola di San Leonardo) e barocchi. Infine, i restauri, massicci soprattutto nell’Ottocento quando gli austriaci riportano i cavalli in bronzo all’esterno della Basilica e riscoprono la passione per le pietre marciane.

L’architetto Ettore Vio, proto di San Marco, ha illustrato la storia della catalogazione dei marmi. Ongania, Meduna, Pellanda e i grandi storici dell’arte che hanno lasciato rilievi e disegni di particolare bellezza. Ma la tecnica ortofotografica ha permesso oggi di realizzare un’opera unica, preziosa per la consultazione e la ricostruzione delle varie fasi della lavorazione. «Da vent’anni mi occupo della Basilica di San Marco», ha detto quasi commosso don Antonio Meneguolo, delegato patriarcale per i beni artistici, «e sono felice di quest’opera. Il nostro pavimento è calpestato ogni anno da milioni di persone, a rischio degrado». Nel volume anche saggi di Irene Favaretto, Michele Emmer, sulle simmetrie nascoste e di Raffaele Paier sull’interpretazione simbolica e religiosa dei disegni.

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