Gigi che costruisce ponti per una Padova più accogliente

È tra i fondatori dello sportello legale Vis à vis negli spazi del Bioslab, ora murati «Tutto è iniziato con la Prandina. E quante belle persone abbiamo incontrato...»
TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - GIGI FAVRETTO
TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - GIGI FAVRETTO

PADOVA. Ora non ci sono più porte ma solo muri nel luogo che - ironia della sorte - era nato proprio per abbattere i muri della diffidenza, della disuguaglianza, della discriminazione. Lo sgombero dello spazio autogestito del Bioslab nel rione Palestro, è un tema politico che sta facendo parlare la città e almeno qualcosa di buono c’è: non è passato nell’indifferenza. Ma quel muro è anche un problema pratico perché lì dentro c’era lo sportello Vis à vis, assistenza legale per i migranti, soprattutto richiedenti asilo. Almeno un centinaio quelli che hanno sistemato i loro guai burocratici grazie all’aiuto di operatori e avvocati. Un modello di efficienza del volontariato. Il luogo dove Gigi Favretto, mettendosi a disposizione gratuitamente per oltre due anni, ha anche imparato un lavoro.

Questa storia, in realtà, comincia nel 2016 quando pullman carichi di migranti dagli sguardi spaesati fanno capolinea nell’ex caserma Prandina. Nasce la tendopoli tanto contestata dal sindaco di allora, il leghista Bitonci. «E invece io con altri ragazzi, tutti più o meno del giro dell’università, decidiamo di andare a incontrare questi ospiti nel piccolo parco dietro l’ex caserma», racconta Gigi. «Loro avevano voglia di conoscerci, di parlare, di capire dove fossero finiti. Nascono amicizie, organizziamo incontri musicali, qualche festa». Quel gruppo di ragazzi così aperto all’incontro è già nel nucleo originario del Bioslab e darà vita, un po’ più avanti, allo sportello Vis à vis.

L’incontro spontaneo spalanca altre porte. Inizia un’interazione con il progetto europeo 20K per la libertà di movimento e contro le repressioni attuate dalla polizia su molte linee di confine. «E nasce anche la rete Sconfinamenti», va avanti Gigi, «che mette insieme realtà come la nostra, di tutta Italia. Confrontarsi è una necessità, la politica già allora non cercava soluzioni ma si limitava a strumentalizzare l’immigrazione». Quello che succede dopo è cronaca: chiusa la Prandina, i migranti finiscono tra Bagnoli e Cona. «Qualcuno fiuta il business e sappiamo com’è andata», taglia corto Gigi.

Ma c’è anche chi individua uno spazio aperto in cui impegnarsi. È quello dell’assistenza legale, delle scuole di italiano. «È l’idea di avere un posto dove accorciare le distanze, dove liberare queste persone. Dove farli sentire tranquilli, senza bisogno di mostrare i documenti a tutti e di giustificarsi. E dove attivare la loro voglia di protagonismo. Sono ragazzi che fuggono da situazioni drammatiche, attraversano un deserto, finiscono in prigioni dove sono torturati, rischiano la vita su un barcone e noi qui li trattiamo come se non fossero in grado di essere autonomi». A Palestro nasce lo sportello legale. È l’aprile del 2018.



Gigi ha studiato cooperazione allo sviluppo e relazioni internazionali e si è specializzato in diritti umani e istituzioni della pace. Nuota nel suo mare, insomma. Con gli altri volontari, aveva già promosso, qualche mese prima, un corso di formazione legale al quale avevano partecipato 40 persone. «Gli avvocati dell’Asgi e i Giuristi democratici ci hanno dato una mano. E una ventina di persone, dopo il corso, si sono messe a disposizione». La formazione sarà continua.

Ed è grazie all’esperienza sul campo che Gigi trova anche uno sbocco professionale, nella cooperativa Lunazzurra: «All’inizio mi sono occupato di minori stranieri non accompagnati, poi di un centro di accoglienza con 25 richiedenti asilo. «Ogni incontro è una scoperta. E non so dire quante persone sorprendenti ho conosciuto. E quanti artisti, fra le persone che venivano al Bioslab. È sempre stato emozionante sentirgli dire che per la prima volta, stando con noi, si sentivano trattati da persone. Ed è altrettanto emozionante sentirli ancora, a distanza di tempo. Molti sono andati via, si sono fatti una vita, hanno avuto figli...».

Nel 2019 il numero di arrivi in città si è ridotto e quindi anche l’attività del Vis à vis. «Ultimamente gestivamo soprattutto ricorsi e domande reiterate perché la situazione di chi è stato respinto spesso cambia, basti pensare ai ragazzi del Mali che oggi dovrebbero tornare in un Paese devastato». Lo sgombero rischia invece di fermare del tutto l’attività, «perché è impensabile non avere un luogo riservato dove fare i colloqui», conclude Gigi. «Ma ci rialzeremo, è solo questione di tempo». —
 

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