Ginecologia: concorso con condannati, inquisiti ed esposti

PADOVA. Chi è senza peccato scagli la prima pietra ma al Bo sono i macigni a rotolare.
Succede che l’università di Padova bandisca il concorso per una cattedra di prima fascia di Ginecologia e Ostetricia e che i candidati ammessi alla selezione per titoli siano quattro. Nell’ordine (decrescente) di grattacapi con la giustizia, la lista degli aspiranti docenti ordinari si apre con il professore Massimo Franchi, 64 anni, direttore di lungo corso di un’Unità complessa all’ospedale di Verona, condannato in via definitiva per falso ideologico; la Corte di Cassazione gli ha inflitto una pena di dieci mesi e venti giorni «per aver attestato contrariamente al vero nel verbale di colloquio con l’unica aspirante a ricoprire un posto di dirigente medico – procedura di cui era stato incaricato – che non sussistevano cause di incompatibilità con la stessa, nonostante si trattasse della moglie»; uno scivolone che gli è valso la sospensione semestrale dall’attività ospedaliera.

A seguire, l’ormai celebre professore Pietro Litta, 67 anni, già “stella” della microchirurgia nella Clinica ginecologica, ora indagato per peculato dalla Procura: avrebbe ventilato l’esborso di 2 mila euro “in nero” ad un’inviata sotto copertura, che si fingeva in paziente, garantendole la precedenza nella lista d’attesa operatoria; brani del colloquio, ahilui, sono stati registrati e trasmessi dalla rubrica d’informazione “Petrolio” su Raiuno; l’Azienda ospedaliera ha accolto al volo la sua autosospensione dal servizio, in ateneo – viceversa – nulla è cambiato: il chirurgo si proclama innocente e (in attesa dei tempi biblici del collegio di disciplina) continua a svolgere attività di didattica e ricerca.

Anche il terzo concorrente è un volto noto alle cronache: Guido Ambrosini, 51 anni, figlio d’arte, allontanato dall’ospedale per aver omesso di incassare i ticket dalle pazienti; in attesa del processo per abuso d’ufficio è in causa di lavoro con l’Azienda: respinge ogni addebito, chiede il reintegro e non esclude un’azione risarcitoria; è il compagno, en passant, di Alessandra Andrisani, dinamica responsabile del Centro di procreazione assistita, lambita e poi completamente scagionata dalla fatidica inchiesta televisiva. Ultimo, but not least, Erich Cosmi, di 45 anni, che alterna il lavoro in Clinica alla docenza: nel suo curriculum figura soltanto un peccato di gioventù, la birra di troppo che cinque anni fa gli valse la sospensione della patente e una multa di 800 euro per guida in stato d’ebbrezza.

Un quartetto, come dire, singolare. Ma cosa li spinge a partecipare al concorso sfidando, come vedremo, veleni e polemiche? In ballo, più che l’avanzamento accademico, c’è la direzione della Clinica, oggi retta dal professore Giovanni Battista Nardelli, che si congederà per quiescenza entro il 2020.
Un traguardo ambito, che ha innalzato la tensione in corsia, determinando due iniziative, a dir poco inedite, da parte dei medici. Le modalità del concorso, anzitutto: prevede l’esame dei titoli (produzione scientifica, lavoro di ricerca, attività didattica) da parte di cinque commissari; ebbene, in una lettera del 12 aprile trasmessa al rettore Rosario Rizzuto e al direttore del Dipartimento salute della donna e del bambino – Giorgio Perilongo – i ginecologi del reparto al gran completo (Donato D’Antona, Andrisani, Carlo Saccardi, Silvia Visentin, oltre ad Ambrosini, Litta e Cosmi) sollecitano l’adozione del sorteggio in luogo della designazione diretta, un criterio già caldeggiato dall’Autorità Anticorruzione di Raffale Cantone per favorire la trasparenza l’imparzialità delle commissioni giudicatrici e avallato, nel maggio scorso, dal ministero dell’Università e ricerca. L’appello congiunto è caduto nel vuoto, va riconosciuto tuttavia che i prescelti di nomina dipartimentale (veterani delle università di Roma, Milano e Torino) vantano credenziali di prim’ordine.
C’è di più. Stupefatti e disturbati dalla presenza di Franchi (la cordialità di rapporti tra Padova e Verona fa impallidire quella tra cane e gatto) Ambrosini e Cosmi hanno hanno alzato i toni dello scontro, sollecitando l’esclusione dalla competizione concorsuale del candidato scaligero, forti di un parere redatto dagli avvocati Cesare Janna e Luca Donà, convinti che «La natura e l’entità della condanna riportata dal professor Franchi siano incompatibili con la delicatezza e l’importanza della posizione di docente di prima fascia, anche avendo presente la necessità di tutelare l’immagine e il prestigio della Scuola medica patavina, rinomata in tutto il mondo». Tant’è. Il loro esposto – rivolto a rettore, direttore generale e avvocatura del Bo, corredata da richiami allo Statuto e ai Codici etico e disciplinare – non ha avuto esito; e in attesa del verdetto (previsto in autunno) i due competitor non escludono azioni legali: «Ci riserviamo tutte le iniziative, anche giudiziali, per tutelare i nostri interessi. Dov’è il rinnovamento tanto sbandierato», è la conclusione stizzita
Che altro? Nella turbolenta Clinica, anziché il volo delle cicogne, va in scena una lotta di potere senza esclusione di colpi, dalle prospettive incerte e niente affatto rassicuranti per le sorti del nostro ateneo. La verità? Non è mai pura e raramente semplice, diceva quel tale bizzarro, Oscar Wilde, sì.
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