Giordani: «Sogno una Padova finalmente serena e trattata con cura»

La città del futuro secondo il candidato di civiche e Pd: «In treno fino a Tessera e collegamento con la Pedemontana»
MALFITANO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - INTERVISTA A SERGIO GIORDANI
MALFITANO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - INTERVISTA A SERGIO GIORDANI

PADOVA. «Sogno una Padova normale e rasserenata. Che sia trattata con cura, dall’ultimo dei marciapiedi alle grandi infrastrutture. E non ho bisogno di nulla, né di posti né di incarichi: vorrei solo che tra 5 anni qualcuno mi dicesse: “Grazie, ti sei impegnato per la tua città”». Sergio Giordani è tornato ai ritmi di prima. Mangia un toast («francese, con la senape») e una Coca da “Biasetto”, poi concede un’intervista a Tv7 e monta in macchina per andare a TeleNuovo. C’è appena qualche minuto di tempo per ragionare sulla fine di questa campagna elettorale.

Giordani, che Padova ha trovato in queste settimane?
«Combattiva, non rassegnata. Una città che ha voglia di cambiare e che non vuole più solo slogan e promesse. Ora Padova merita una normale e costruttiva serenità».

Molti notano una città divisa. Come si fa a riunirla?
«Fare le liste degli amici e dei nemici non è mai stato nello spirito di questa città. Ora chiudiamo coi litigi e affrontiamo i problemi. Inizierò riaprendo i quartieri: per me i cittadini sono una risorsa, non una scocciatura».

Le contestano una coalizione troppo eterogenea per governare. Come risponde?
«Lo ripeto: non sono un politico, non ho posizioni da difendere. In questi anni non ho preso centinaia di migliaia di euro dalla politica per poi riciclarmi dicendo di essere l’uomo nuovo».

Dovrà governare una squadra con tante individualità.
«Sono stato chiaro con tutti: c’è un programma da realizzare, le beghe politiche non ci devono interessare. Lo dico per l’ultima volta: il mio partito è Padova. E poi c’è un’altra cosa».

Cosa?
«Il mio infortunio ha fatto emergere nella squadra uno spirito di unità ancora più forte di prima: ne sono orgoglioso. Io di avere in squadra quelli bravi sono contento, mica ho paura».

Si è detto che i candidati non hanno parlato di futuro.
«Non sono d’accordo. Certo in una fase non semplice per il territorio non si è parlato di progetti immaginifici. Io sono una persona concreta, ma credo di aver raccontato in questi mesi il futuro che mi auguro possa avere Padova: capitale del Nordest e poi capitale della cultura».

Lo sviluppo passa anche dalle grandi opere. Quali?
«Ne indico tre: l’ospedale, l’alta velocità ferroviaria con il collegamento sino all’aeroporto Marco Polo, e il raccordo con la Pedemontana».

Sull’ospedale che farà?
«Basta perdite di tempo. Convocherò i soggetti interessati e a settembre si decide. Ma con il “nuovo su vecchio” ottimizziamo l’investimento già fatto su via Giustiniani».

Poi binari fino a Tessera...
«Ma vi immaginate cosa significa arrivare al terzo aeroporto italiano in 15 minuti di treno? Una rivoluzione epocale».

E la Pedemontana cosa c’entra con Padova?
«Si sposta l’asse dei trasporti veneti. Non è pensabile che Padova resti tagliata fuori. Perché l’ex sindaco non è intervenuto? Forse perché Zaia è della Lega?».

Le ha dato fastidio che il suo malore sia stato usato per mettere in discussione la sua capacità di governare?
«Giochetti della politica. Si vede che qualcuno ha tanta paura e poche cose da dire. Ma io mi chiedo: che problema c’è? Al “Massimo”perdono».

Mi dice un aggettivo per ciascuno dei suoi competitor?
«Meridi: mite, Sposato: entusiasta, Borile: ambizioso, Lorenzoni: colto, Bordin: simpatico, Bitonci: non libero».

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