A Padova la giornata della memoria, Giordani: «Ricordare perché non accada più»
La commemorazione istituzionale del 27 gennaio si è aperta con la solenne messa al Tempio dell’Internato ignoto
Si è aperta con la solenne messa al Tempio dell’Internato ignoto alle 9.30 la commemorazione istituzionale del Giorno della Memoria. La chiesa della Terranegra, a due passi dal Giardino dei giusti del mondo, è stata eretta negli anni ’50 su idea di don Giovanni Fortin, sopravvissuto alla deportazione nel campo di sterminio di Dachau, dove era stato portato nel 1944 per aver dato rifugio a dei militari inglesi.
Nel corso della giornata di celebrazioni sono state consegnate anche quindici medaglie d’oro ai discendenti di padovani (ma non solo) che sono stati internati nei campi di concentramento, in Germania e in Polonia.
A seguire, dopo la cerimonia a Centro culturale San Gaetano, è proseguita l’inaugurazione delle pietre d’inciampo in tre vie cittadine: via Calatafimi, ossia dietro a piazza Insurrezione, via Barbarigo e infine in via Dell’Arco, nel ghetto storico.
Le medaglie d’onore sono state consegnate ai parenti di quindici vittime delle deportazioni. Si tratta di Sergio D’Andrea, Aldo Meneghini, Vannino Segato, Oreste Ballotta, Livio Margola, Filiberto Biasi, Modesto Pedron, Augusto Bertipaglia, Sante Scarparo, Antonio Franchini, Armando Gazzignato, Giuseppe Modena, Giovanni Favaro Gelindo Segato e Tiziano Lazzaron.
Di queste quindici persone sono state lette le storie: la maggior parte di queste, dopo gli orrori dell’internamento, ha avuto la fortuna di riuscire a tornare a casa dopo la liberazione.
La cerimonia è continuata con la posa delle pietre d’inciampo a Emma Orefice (via Calatafimi), Giulia Gemelli, (via Barbarigo), e infine Samuele Heller e Teresa Supino Heller in via Dell’Arco.
Giordani: «Ricordare per non dimenticare»
Riportiamo il discorso integrale del sindaco Sergio Giordani.
Saluto le autorità civili militari e religiose e tutti i cittadini presenti.
Un saluto particolare va naturalmente a tutta la comunità ebraica della nostra città e ai suoi rappresentanti oggi qui presenti.
Ricordiamo in questo giorno lo sterminio del popolo ebraico attuato dal regime nazista, tra il 1933 e il 1945, purtroppo sostenuto ed aiutato in Italia dal regime fascista.
I due terzi degli ebrei, circa sei milioni, che vivevano in Europa furono vittime del nazismo, nei campi di sterminio e non solo.
Uno sterminio che iniziò ben prima di essere codificato nella cosiddetta “soluzione finale” e al quale vanno aggiunti polacchi, ucraini e slovacchi, serbi e sloveni, considerati di razza inferiore.
Furono sterminati anche prigionieri politici, prigionieri di guerra sovietici, disabili, rom, zingari ed omosessuali.
Un orrore senza precedenti nella storia nell’Europa culla della cultura e dell’illuminismo.
Il nazismo e il fascismo spensero le luci della ragione, e diedero campo libero all’odio e alla violenza cancellando ogni scrupolo etico e morale.
E’ una tragedia che ha segnato l’umanità in modo indelebile e che per questo non può essere né dimenticata né derubricata ad incidente della storia.
Visitare Auschwitz, o un altro dei campi di sterminio è ancora oggi un’esperienza sconvolgente che ci porta all’interno di un abisso e di un orrore assoluto, che va al di là di ogni immaginazione.
E’ un abominio costruito su folli ideologie fondate sul mito della razza, dell’odio, del fanatismo e della prevaricazione.
Non ci pare possibile che tutto questo sia stato pensato e realizzato da menti umani, da persone che la sera tornavano a casa e rimboccavano le coperte dei loro figli piccoli dando loro sulla fronte il bacio della buona notte.
Eppure come ha scritto Primo Levi, sopravvissuto al campo di sterminio, “Siamo uomini, apparteniamo alla stessa famiglia umana a cui appartennero i nostri carnefici”.
Una famiglia umana che dimostra, continua Levi ,“quali insospettate riserve di ferocia e di pazzia giacciano latenti nell’uomo dopo millenni di vita civile.”
Ma oggi, giorno in cui siamo particolarmente vicini alle comunità ebraiche, possiamo per fortuna ricordare un’altra storia, che ci riempie di speranza e che cancella il cupo pessimismo delle parole di Primo Levi.
E’ quella delle donne e degli uomini che rischiando o scarificando la propria vita hanno aiutato, protetto e salvato tanti ebrei, donne, uomini e bambini, ma anche tanti altre persone perseguitate da nazismo e fascismo.
Li ricordiamo con una parola tanto semplice quanto bella: ì Giusti.
I Giusti del Mondo persone che hanno seguito quello che la coscienza indicava come la cosa giusta da fare, quelli che non hanno girato la testa dall’altra parte, quelli che sono la speranza per la nostra famiglia umana, ancora oggi incapace di rifiutare violenza e guerra.
Sono tanti, loro e le loro storie sono le più diverse.
Ne ricordo solo due senza con questo sminuire le azioni degli altri: Franco Perlasca, che salvò dalla deportazione e dalla morte migliaia di ebrei in Ungheria, e Padre Placido Cortese che qui a Padova per le sue azioni favore degli ebrei e della resistenza, fu rapito, torturato e ucciso dalla Ghestapo.
Andate a visitare il Giardino dei Giusti a Terranegra dove abbiamo dedicato ad ognuno di loro un albero, simbolo di rinascita e vita.
Potrete anche visitare il Museo dell’Internamento dedicato ai militari italiani che dopo l’8 settembre rifiutarono di combattere per tedeschi e repubblichini e per questo furono imprigionati in campi di concentramento.
Anche loro seppero dire di no, e scegliere di stare dalla parte giusta della storia.
Sono passati 80 anni da quel 27 gennaio 1945 quando i militari dell’Armata Rossa, avanzando verso il cuore della Germania liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
E questo giorno è stato scelto simbolicamente dall’ONU nell’assemblea plenaria del 1° novembre 2005 come data per ricordare la Shoah.
Ricordare per non dimenticare, ricordare per capire, ricordare per fare in modo che fatti simili non accadano mai più.
Purtroppo in questi ultimi anni la violenza della guerra e l’odio sembrano avere rialzato la testa.
Una fragile tregua accende un filo di speranza in Medio Oriente, dove lo scontro di una guerra che dura da decenni ha assunto recentemente aspetti di una violenza e di una durezza inauditi.
L’Italia è un paese aperto, accogliente e libero, del quale le comunità ebraiche sono parte integrante e sanno che non accetteremo in alcun modo intimidazioni, minacce e violenze nei loro confronti.
L’ho detto e lo dico ancora: sono convinto più che mai che la violenza non è la soluzione, genera solo altra violenza, e alimenta una spirale d’odio sempre più difficile da spegnere.
Non usiamo le religioni per dividere e contrappore le persone, le comunità e i popoli
A New York, all’entrata del Palazzo di Vetro sede dell’ONU, un mosaico raffigura uomini, donne e bambini di origini, religioni e culture diverse.
Il mosaico riporta la scritta “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”, la cosiddetta Regola d’oro.
E’ un concetto universale presente in tutte le religioni e le culture del mondo: c’è nella Bibbia, c’è nella Torah c’è nel Corano ed esplicitamente nei detti di Maometto.
Si può definirla certamente come sintesi dei codici etici universali.
Credo che dovremmo riflettere più spesso su questo concetto, che possiamo sintetizzare con la parola reciprocità e che è anche alla base della moderna concezione dei diritti umani.
Oggi più che mai ognuno di noi può fare la propria parte, abbracciando questo concetto, tanto semplice, quanto radicale.
Oggi più che mai parliamo e agiamo per la pace il rispetto e la speranza e rifiutiamo la violenza e la prevaricazione.
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