Giurisprudenza, Trento doppia Padova per immatricolazioni

PADOVA. Non vanta nemmeno un decimo della storia e della tradizione di quella padovana fondata nel 1222, eppure la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento - nata nel 1984 - surclassa il Bo per numero di iscritti. Le immatricolazioni sono quasi il doppio.
I punti di forza: un corso di laurea tutto in lingua inglese e una decisa propensione verso il diritto comparato e l’internazionalizzazione. E la Scuola di Legge di Trento è anche un bacino di approdo per un numero non esiguo di studenti padovani. In parte che scelgono la facoltà trentina per il piano di studi a forte carattere transnazionale, in parte perché “scappano” dal rigore dagli esiti talvolta penalizzanti del Bo. E del resto la crisi di Giurisprudenza a Padova non se la nasconde nessuno. Il direttore del Dipartimento di Diritto privato, il professor Giuseppe Amadio ammette: «È ora di rimetterci in discussione». Una posizione in continuità, con sfumature diverse, con i colleghi Mario Bertolissi, Umberto Vincenti e Patrizia Marzaro che sulla necessità di “smuovere” la Scuola di Diritto di Padova si sono già espressi.
Trento fa meglio di Padova, si diceva. La facoltà di Giurisprudenza trentina ha il numero chiuso a 500 iscrizioni l’anno. Quest’anno le matricole al 31 ottobre erano 496, sei in più rispetto allo scorso anno, consolidando un trend di lungo corso. A Padova quest’anno sono appena 293, cifra ancor più dolorosa se si pensa alle mille matricole di dieci anni fa. Un altro elemento: Trento scippa studenti dal bacino padovano. Sono complessivamente 141 gli studenti che studiano Diritto a Trento ma che hanno la residenza a Padova o in provincia di Padova. Tra questi ce n’è sicuramente una parte che ha scelto la scuola trentina per le opportunità di un piano di studi più orientato all’internazionalizzazione, ma non si può non immaginare che un’altra parte abbia invece fatto una scelta ispirata in primis dalla volontà di non iscriversi a Padova. Circostanza che viene in qualche modo confermata dal numero di studenti di Giurisprudenza del Bo che si sono trasferiti a Trento: erano 41 l’anno scorso, sono 31 quest’anno. Non sorprende che il numero più alto - rispettivamente 32 e 21 per i due anni - si riferisca a studenti fuori corso.
Della necessità di riorganizzare la Laurea in Giurisprudenza a Padova è convinto Giuseppe Amadio, direttore del Dipartimento di Privato e ordinario di Civile. «Che Padova sia una sede impegnativa è certamente vero ma ritengo che questo sia un pregio. Va detto anche che la scuola superiore di oggi non prepara i ragazzi come una volta e il gap talvolta è penalizzante. Il problema è l’allungamento dei tempi di laurea al quale si dovrebbe porre rimedio con una riforma strutturale. Abbiamo troppi esami, bisognerebbe ridurli, passare dai trenta attuali a non più di 22, con più crediti. Allora si potrebbero dividere in moduli con prove intermedie». Ridurre gli esami significa anche dare una sfoltita alla selva di corsi facoltativi, ovvero quelli non obbligatori ma che possono essere inseriti nel piano di studi per completare i crediti. «Ci sono due aspetti da considerare» rileva Amadio, «da una parte l’ampia offerta che va a vantaggio delle competenze che possono acquisire gli studenti, dall’altra un rischio dispersione. Ma la virtù, anche in questo caso, evidentemente sta nel mezzo».
Il professor Amadio suggerisce di prendere con le pinze e buona dose di critica le percentuali “sventolate” sui presunti tassi di bocciatura agli esami di Giurisprudenza. Un po’ di “amor patrio” trapela nell’analisi - visto che gli esami-incubo su cui si arena la carriera di molti studenti sono proprio Diritto privato e civile - ma va anche oltre: «Non esiste alcuna statistica ufficiale dei tassi di bocciatura. Infatti finiscono nella stessa percentuale sia i bocciati che coloro che si ritirano dall’esame senza nemmeno presentarsi. I numeri veri li può raccogliere ciascun professore partendo dal numero di iscritti all’esame e raffrontandolo con quello dei compiti che corregge. Questo è quello che abbiamo fatto per Civile e Privato, spesso additati anche dai colleghi, e il risultato è che negli ultimi due anni il tasso di promozione e quello di bocciatura si sono invertiti. Dal 60 per cento di bocciati siamo passati a un 65 per cento di promossi. E non perché si sono allargate le maglie a scapito della qualità, ma con un cambio di atteggiamento. Per questo ritengo che il vero nodo sia la riorganizzazione, ma per farla è necessario che tutti siano disposti a rimettersi in discussione, accettando anche le conseguenze». —
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