Gli ultimi istanti di vita di mio nonno Rommel I ricordi di Catherine

Il generale passa in rivista le truppe in Francia. E’ il 1944, l’anno in cui Rommel verrà costretto al suicidio
La comunicazione è il suo mestiere, ma quando si trova a rievocare nonno Erwin le parole acquistano una tenera cautela. Preferisce selezionare i ricordi e "maneggiare" con attenzione la memoria, pubblica e familiare, di una vera leggenda della storia contemporanea, la "Volpe del deserto" Erwin Rommel, lo stratega più noto e forse più amato della storia militare contemporanea. «Krieg ohne Hass», guerra senza odio fu la parola d'ordine di Rommel, scomparso precocemente una mattina dell'autunno '44: sospettato di cospirazione anti-hitleriana, fu costretto dal Führer a scegliere fra il cianuro e la corte marziale, ma subito dopo il suicidio venne seppellito con tutti gli onori militari dopo un fastoso funerale di stato. «Mio nonno - anticipa Catherine Rommel, che oggi, alle 15, sarà al festival èStoria di Gorizia per una conversazione condotta dal giornalista Stefano Mensurati - prese questa decisione nei pochi minuti che gli erano stati concessi. Era convinto che non sarebbe stato accusato pubblicamente, bensì ucciso in gran segreto, poiché Hitler doveva evitare a tutti i costi che trapelassero le idee dei feldmarescialli responsabili per l'Occidente, Rommel e von Kluge. Dopo essersi congedato dalla nonna, si diresse verso una Mercedes nera con un autista in uniforme SS, accompagnato da mio padre, allora quindicenne. Lo guardò negli occhi un po' più a lungo del solito e prese posto sul sedile posteriore a destra. Mezz'ora dopo, la nonna fu avvisata che suo marito era deceduto in seguito ad un colpo apoplettico e che il cadavere sarebbe stato esposto all'ospedale militare Wagnerschule ad Ulm. I medici dell'ospedale vennero costretti dalla Gestapo a rilasciare un certificato di morte falso e al personale venne imposto il silenzio con le minacce. Hitler emise un comunicato traboccante di lodi nei confronti del defunto, e il suo telegramma di condoglianze arrivò puntuale, proprio come l'enorme corona di fiori». Anche da morto, quindi, Rommel funse da mezzo di propaganda per il regime. «Mio padre temeva che il regime volesse prima o poi eliminare anche lui e la nonna, testimoni di ciò che era realmente accaduto. Così, giovanissima recluta della Luftwaffe, Manfred Rommel a fine aprile disertò, fuggendo dai dintorni della città di Mekirch con grosse scarpe inglesi puntellate su suole di para, ancora sconosciute in Germania, che nonno Erwin gli aveva portato dall'Africa». Se i ricordi drammatici fanno la parte del leone, c'è spazio anche per un pizzico di spiritosa dolcezza, nel repertorio di Catherine Rommel: «Fra i ricordi di mio padre Manfred, che dal 1976 al '94 fu sindaco di Stoccarda, c'è un episodio indelebile legato all'amore del nonno per il nuoto: un giorno, in piscina, il giovane Manfred guardava con timore reverenziale verso un trampolino di tre metri. Affermò che si sarebbe tuffato da lì e cominciò a concentrarsi per l'impresa. Quando si erano ormai riunite alcune centinaia di spettatori curiosi, il bimbo cominciò a manifestare alcuni dubbi. Il padre lo rassicurò, Manfred raggiunse il trampolino e in una suspense lunghissima attese di prendere una decisione: si avviò con calma verso il bordo dell'asse, guardò in basso, e infine tornò lentamente indietro verso la scala, scendendo. Una decisione che molti, allora, trovarono assennata: primo fra tutti il babbo Erwin, che rassicurò il figlio sulla scelta "poiché a volte l'intelligenza si rivela ben più importante del coraggio"».
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