Gomiero, l’ingegnere padovano al «simulatore» del Luna Rossa team

PADOVA. «Non sono un tipo scaramantico ma mi piace far caso alle piccole coincidenze: io compio gli anni il 27 Luglio, nel 2018 la notte del mio compleanno ero in Prato della Valle a festeggiare con amici. In cielo la luna era rossa, complice una eclissi totale che non avveniva dal 2011. Ancora non lo sapevo, ma alla fine di quell’anno avrei iniziato la mia avventura con il team: la luna mi ha fatto davvero un bel regalo! ».
Sono parole di Marco Gomiero, 28 anni, padovano di Piove di Sacco, ingegnere nel team di Luna Rossa, È stata una battaglia tosta e continua di virate e di incroci, alcuni dei quali a distanza ravvicinata. Ma i Kiwi hanno avuto la meglio e per Luna Rossa non c’è stato più nulla da fare. Rimangono la soddisfazione della vittoria nella Prada Cup, i tre trionfi che ad inizio della finale hanno dato filo da torcere ai neozelandesi e l’orgoglio di una squadra unita fino all’ultima regata, che ha fatto appassionare ancora gli italiani.
«Dispiace non essere riusciti a portare a casa la Coppa, ma lo sport è anche questo. Team New Zealand ha fatto un gran lavoro di sviluppo e ha vinto meritatamente. Il nostro team ha dato il massimo ed è stata una sfida emozionante: dobbiamo essere fieri di aver portato il tricolore in una delle competizioni più spettacolari degli ultimi anni», dice Gomiero.
Questa per lei è la prima esperienza con Luna Rossa: emozionato ad esserci a soli 28 anni?
«Sì, l’emozione è grande, un grande orgoglio. Tutto per me è stato nuovo, spero che sia solo l’inizio».
Come è entrato a far parte di questo Team?
«A fine 2018 un amico mi inoltrò l’annuncio tramite cui Luna Rossa era alla ricerca di un Ingegnere Meccanico: ho mandato il curriculum e, dopo una serie di colloqui, sono entrato nel team».
Qual è stato il suo ruolo in Luna Rossa?
«Ho lavorato nel reparto Simulatore nella base di Luna Rossa a Cagliari e mi sono occupato, assieme ad altri, della gestione, utilizzo e sviluppo del relativo pacchetto software e hardware. La maggior parte del tempo lo passavo al computer a programmare e ad analizzare dati. Il Simulatore è l’ambiente dove viene costruito il “digital twin” della barca reale, ed è utilizzato sia dai velisti che dai designer per condurre sessioni di test e prendere decisioni progettuali e tattiche. Ogni aspetto della fisica della barca deve essere riprodotto il più fedelmente possibile: il mio lavoro consiste nell’analizzare nuovi componenti (foil, timone, scafo, vele, meccatronica, logiche di controllo), migliorare i modelli esistenti in base ai dati raccolti in acqua, preparare l’ambiente di simulazione per i test in programma e infine gestire il simulatore durante le sessioni. Ho lavorato anche allo sviluppo di software utilizzato per l’analisi dinamica della barca reale. La cosa che mi piace di più’di questo lavoro è che si lavora a stretto contatto sia con i designer che con il team velico».
La Coppa America ha introdotto un nuovo concetto di navigazione: i monoscafi foiling. Le barche passano più tempo in aria che in acqua, ci spiega come avviene?
«È lo stesso principio che permette agli aerei di volare: le appendici di queste barche permettono, al raggiungimento di una certa velocità, di generare abbastanza portanza da sorreggere l’intero peso della barca, alzandola rispetto al pelo libero dell’acqua. Questo permette di annullare l’attrito idrodinamico dello scafo: la barca può quindi accelerare e raggiungere velocità altrimenti impossibili. Gli unici elementi a rimanere in acqua e a generare attrito idrodinamico restano il foil e il timone, il cui contributo diventa quindi molto importante nella definizione della performance finale».
Può parlarci di come avviene la simulazione?
«In questo ambiente si dice sempre che l’unica cosa che non puoi comprare è il tempo. Il simulatore è uno strumento che permette di abbattere sia i tempi che i costi di sviluppo: ogni nuova idea o design può essere implementato sulla barca virtuale e testato immediatamente. Non è solo la capacità di valutare il singolo componente, ma anche di ricevere informazioni su come interagisce con il resto della barca, anche in situazioni dinamiche di onda e vento variabile, dando modo ai velisti di averne esperienza diretta già dalle primissime fasi dello sviluppo".
"Per ciascun elemento si possono valutare in pochi giorni decine di design diversi, cosa che non sarebbe possibile fare dovendo realizzare una copia fisica. Ogni sessione di simulazione viene programmata nel dettaglio come fosse un’uscita in mare: c’è un programma di test che di volta in volta viene preparato dal Performance Engineer o dal Coach. La sessione avviene alla presenza dei designer interessati ai test in programma».
Come vive la competizione in Luna Rossa e in generale nella vita?
«Sono sempre stato una persona molto competitiva, fisso un obiettivo e lavoro al massimo per ottenere risultati. Poter svolgere la professione di Ingegnere all’interno di un team sportivo ti dà una carica agonistica e una motivazione in più».
I suoi progetti futuri?
«Ora che la Coppa è finita desidero prendermi qualche settimana per stare con la mia ragazza, famiglia e amici: in questi 3 anni non ho avuto molte occasioni per farlo. Poi si vedrà, sicuramente mi piacerebbe poter continuare a lavorare in Coppa America».
Le è sempre piaciuta la vela?
«Prima di questa campagna con Luna Rossa non avevo mai praticato la vela. Ovviamente conoscevo già Luna Rossa dalla Coppa del 2000 ma seguivo più altri sport come F1, calcio o rugbyc he ho anche praticato a livello agonistico. A Cagliari ho iniziato ad andare in laser e kite surf: ora che vivo questo sport in prima persona e riconosco che è una perfetta sintesi tra sport, ingegneria e natura». —
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