«Ho smesso di mangiare per sentire meno dolore»

I primi sintomi nel 2008, poi le sofferenze sempre crescenti: dieci anni terribili raccontati dall’imprenditore di Campodarsego prima di arrivare al capolinea

Ecco la testimonianza diretta di Lodino Marton sui suoi dieci anni di lotta contro la malattia, che ha combattuto finché ne ha avuto la forza.



I primi problemi fisici si sono manifestati nel 2008, quando sono iniziati i dolori muscolari, una fortissima sudorazione e fascicolazioni notturne alle gambe e all’addome, insonnia e stati di ansia. Questi disturbi sono stati curati con integratori alimentati a base di creatina, magnesio e potassio, con il supporto di multivitaminici, ma la situazione andava peggiorando (molto lentamente) di anno in anno.

Nel 2012, al rientro in Italia dalla Spagna, dove avevo un locale che ho ceduto, avevo dolori forti alle ossa e alla muscolatura; non pensando che fosse una malattia grave e tanto meno Sla, ci siamo messi alla ricerca di un posto dove aprire un ristorante di cucina spagnola tra Castelfranco e Cittadella.

Durante i lavori di sistemazione dell’ambiente, i problemi di mobilità si sono accentuati e ho iniziato a camminare con un’andatura claudicante; inoltre, avevo iniziato ad avere problemi alle mani:i non riuscivo ad afferrare bene gli oggetti e avevo dolori simili alla sindrome del tunnel carpale. Ho deciso di fare una visita privata da uno specialista in chirurgia della mano: era l’agosto del 2013.

Dopo avermi visitato, lo specialista di Camposampiero mi ha inviato a fare una elettromiografia da un collega di Padova, che lavora in una clinica privata. Appena il medico di Padova ha avviato il test con elettromiografia ad aghi, mi ha chiesto di tornare il giorno successivo per un esame elettromiografico su tutto il corpo.

Così ho fatto: sono tornato il giorno successivo e mi è stato fatto l’esame completo, durato oltre due ore. Nei referti dell’elettromiografia, le conclusioni riportavano una sospetta malattia del secondo motoneurone e mi invitavano a contattare un altro specialista della clinica medica neurologica dell’ospedale di Padova.

A settembre 2013 ho fatto la prima visita con lui: mi ha subito messo in lista nel reparto dell’ospedale di Padova per fare tutti gli accertamenti per sospetta Sla: hanno prelevato un campione del midollo, hanno fatto la biopsia muscolare e gli esami completi del sangue. La diagnosi finale di Sla, variante Flail Leg, è arrivata a novembre 2013. Da quel momento, ho cercato di condurre una vita il più normale possibile, continuando a lavorare (nell’aprile dello stesso anno avevo aperto il ristorante spagnolo La Torera a Campagnalta di San Martino di Lupari) e a impegnare il tempo libero trascorrendolo in famiglia e viaggiando.

Una stanchezza cronica accompagnava ogni mio movimento; ho iniziato a cadere per mancanza di forze alle gambe.

Nel 2014, i dolori alla schiena e nella zona lombare si sono così accentuati che non riuscivo più a rimanere in piedi; finché nel 2015, progressivamente, non sono neanche più riuscito a stare seduto per lunghi periodi. Ho iniziato una cura sperimentale di un anno con il Masatinib; ero seguito dalla clinica di Modena, che era in costante contatto con il mio specialista di Padova. La sperimentazione è finita nel 2016, in quanto per me non era più possibile rimanere seduto nemmeno il tempo di raggiungere la struttura di Modena dove facevano i controlli di routine.

L’ultima visita per poter terminare la sperimentazione l’ho fatta a dicembre del 2016, con un lungo viaggio in ambulanza da Padova a Modena pagato da noi. In quel periodo è cominciato un declino progressivo che mi ha sempre più costretto a stare disteso a letto. Poi, nell’ottobre 2016, si è verificato un grave blocco intestinale, con un ricovero di 15 giorni all’ospedale di Camposampiero. Ai primi di novembre 2016, sono stato trasferito all’ospedale San Camillo del Lido di Venezia, nel reparto specializzato per la riabilitazione di persone con problemi neuronali.

A dicembre 2016 sono stato dimesso senza grandi risultati; già allora si era tentata una terapia del dolore per cercare di controllare una sofferenza che diventava sempre più forte con il passare dei giorni. Di conseguenza, ho iniziato a camminare sempre meno e a trascorrere il mio tempo a letto, riuscendo a girarmi solo lateralmente. Mi pareva di avere come un fuoco che mi divorava dentro.

Nel 2017, la situazione è peggiorata ancora e i dolori sono diventati insostenibili: i medici mi hanno prescritto le prime medicazioni a base di morfina; per tutto l’anno sono riuscito ad alzarmi per andare in bagno ma, via via che i mesi passavano, i passi che percorrevo erano sempre meno. Fino ad arrivare a dicembre 2017 quando, per una infiammazione estesa a tutto l’addome, sono stato ricoverato all’ospedale di Cittadella: avevo fortissimi dolori allo stomaco e in tutto il corpo.

Dal 14 dicembre 2017 sono a digiuno completo, prima per una cura antibiotica che serviva a sfiammare l’intestino e poi per una libera scelta: non voglio mangiare per evitare i dolori fortissimi all’addome provocati dalla mancanza di risposta dell’intestino.

Il dolore alla zona lombare ormai aumenta ogni giorno. E ogni giorno vedo aumentare le dosi di farmaci (in particolare di morfina) che mi vengono somministrati per permettermi di sopravvivere senza soffrire. Dall’ospedale di Cittadella, sono stato trasferito nella struttura Il Melograno alla casa di riposo Moretti Bonora di Camposampiero, che è centro specializzato nelle cure palliative.



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