I chili in più sono alleati delle malattie: il cibo ci aiuta a curare i tumori

Antonio Moschetta (Università di Bari) al Galileo Festival di Padova: «La nutrizione dev’essere di precisione, no alle diete fai da te»

PADOVA. Una donna obesa con tumore della mammella ha il 30-35% in meno di possibilità di guarire di una donna magra con la stessa tipologia di tumore e allo stesso stadio. Responsabili girovita e metabolismo, parola di Antonio Moschetta, professore ordinario di Medicina interna all’Università Aldo Moro di Bari, che giovedì 9 maggio sarà al Galileo Festival (ore 18 Auditorium San Gaetano) per parlare di nuove frontiere della ricerca sul cancro.

Un incontro a cura della Fondazione Airc. Cresciuto alla scuola di Al Gilman, Nobel per la Medicina nel 1994, nel 2005 torna in Italia grazie a un finanziamento Airc e studia il rapporto tra tumori e metabolismo. 

Metabolismo

«Il nostro metabolismo» spiega, «ci fa capire quali sono le strade attraverso cui viene fornita energia al cancro e quanto diverse siano in ognuno di noi pur in presenza dello stesso tumore. Questo ci ha permesso di trovare cure a misura di paziente». Oggi sappiamo che tumori diversi si alimentano di “benzine” diverse ed è importante il microambiente in cui crescono, influenzato a sua volta dall’organismo in cui si trovano. Quindi sì, il girovita conta, perché se superiore a 94 cm nell’uomo e a 88 nella donna è indice di rischio.

Il girovita

«Il tessuto adiposo della circonferenza addome fa circolare segnali che possono trasformare in protumorali le cellule intorno al tumore». Nutrizione e alimenti non curano il cancro, ma insieme a stili di vita corretti e a conoscenza dei meccanismi metabolici ci fanno rispondere meglio alle terapie. «Nasciamo con addosso una specie di libretto di istruzioni ed è impensabile intervenire su una persona senza prima averlo consultato».

Dna e cibo

Il Dna trasmesso dai nostri genitori, il modo in cui nasciamo, i batteri che incontriamo durante l’allattamento e poi alimentazione, crescita, attività, modo in cui il nostro intestino reagisce agli eventi integrano via via le informazioni del nostro bugiardino. Promettente in questa direzione è anche la medicina personalizzata.

«La Nutrigenomica è forse il più bell’esempio di resilienza in natura. Insieme a metabolomica ci mostra in che modo gli alimenti accendono e spengono i nostri geni. La nutrizione dev’essere di precisione: non possono esistere protocolli uguali per tutti».

Addio dunque alle diete classiche? «Bisogna stare attenti al fai da te». E i cibi industriali? «Oggi un bimbo in quattro centimetri cubi di cibo trova il contenuto energetico che il nonno trovava in quattro metri cubi di frutta. Avere cultura del gusto e investire su ricerca indipendente che valuti il ruolo dei nutrienti per la salute della collettività è fondamentale. E per proteggerci dobbiamo informarci e divulgare».

L'intestino

Da meno di un mese è uscito “L’intestino in testa” (Mondadori) il nuovo libro del professor Moschetta che è già un successo. «L’intestino ci protegge da tumori, obesità, diabete. Germi, batteri, virus, funghi che formano il microbiota sono la nostra prima porta verso l’esterno. Studiarli ci sta aprendo nuove prospettive anche in oncologia: abbiamo visto che i batteri e i loro geni possono predire il funzionamento di una terapia in un paziente».

Medicina di genere

Importantissimi anche gli studi sulla medicina di genere. «Un nutriente assunto da un uomo e da una donna a diverse età e a orari diversi ha effetti diversi. I nostri studi stanno spiegando come mai patologie intestinali o fegato grasso hanno differenze enormi di genere anche in persone che vivono nello stesso habitat, nella stessa famiglia e si alimentano con gli stessi cibi. La medicina di genere ci aiuterà a capire ancor di più come funzionano metabolismo e tumori». —
 

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